Il giuramento

April 13th, 2011 by yilian

E’ che un giorno a nove anni mi sono detta, non ti dimenticare mai chi sei e cosa stai pensando adesso.

Ero in balcone, avevo smesso di piangere e la forte convinzione che i cambiamenti del tempo mi avrebbero fatto diventare qualcun’altro mi ha imposto la sentenza di quel giorno. Solenne. Quel giorno non trovavo quello che stavo cercando, non trovavo il pennarello blu, l’unico che poteva completare una delle tante serie di cieli che disegnavo. I personaggi  che contornavano il cielo, erano alberi  uccelli, un cane seduto e una bambina che guardava davanti a se’. Minuziosamente cercavo di far rientrare tutto nelle linee appena disegnate a matita, i colori pasticciati mi hanno sempre infastidito. Quindi l’opera poteva essere completata solo con il blu. Ma il blu non si trovava, l’ho cercato ovunque, scatole e scatoloni per terra, astucci e cartelle, ma nulla. Quello che c’era nei cassetti era sparso ovunque, e nella mia camera c’erano ben sette cassetti. I rumori dalla mia camera avevano sempre piu’ il sapore di terremoto  ma dall’altra parte della casa ancora non si sentivano i passi, che sapevo sarebbero arrivati di li’ a poco. Continuavo nella mia ricerca imperterrita. Una cater pillar del pennarello. Sapevo che non mi potevo accontentare di fare il cielo di un’altro colore, sapevo che non era possibile, nonostante vedevo e disegnavo cieli diversi, la fantasia non mi mancava. In quel momento, pero’, quello cercavo era l’unica cosa che potessere riempire quello spazio nel foglio. Non c’era altro colore che lo avrebbe potuto sostituire.

Ecco i passi, vicini. Il disordine combinato mi sembrava impossibile da nascondere in tre secondi. Decisi di far finta di nulla e continuare nella mia ricerca. La porta aperta all’improvviso, era la solita voce, che ripeteva le solite parole, le solite mani che con fare di chi sa dare giudizi puntavano gli indici sulla stanza e sul pavimento. Pensavo come fosse inconcepibile non capire l’esigenza del disordine procurato, per far si’ che il bianco si tingesse di blu. Le lacrime che cominciavano a scendere dagli occhi  erano solo per la rabbia nel non riuscire a completare quello per cui mi ero impegnata fino a quel momento.

Mi sono seduta in balcone, del pennarello neanche l’ombra. Quello che pensavo era me stessa, forse la prima volta che coscientemente riflettevo sulle mie azioni e su quello che mi aveva spinto a mettere sotto sopra qualunque cosa alle mie spalle. Il bello che non c’era nulla di male, assolutamente nulla di male, l’avrei rifatto mille volte.

E’ per questo che giurai solennemente di non dimenticarmi chi ero e a cosa stessi pensando.

 

Si o no?

April 13th, 2011 by yilian

 

怎么说呢, 当年的事儿不能事儿后聊,事后聊都是经过概括。我不怎么敢跟人聊,就是怕聊出来不是自己,是想像的自己,演的自己。好在有画面把着我。

王朔

 

观音山 – Buddha Mountain

April 8th, 2011 by yilian

Una cosa che mi manca dell’Europa è il cinema, quelli minuscoli con poche sedie e chissenefrega dell’audio e che non ci sono pop corn o sedie comode. Ogni volta che torno in Italia mi godo il doppiaggio all’italiana e lo maledico subito dopo, la vasta programmazione invece mi solletica: c’e’ scelta.

Qui a Pechino, la scelta è davvero misera, o il filmone americano del tipo Teminator o filmone cinese tipo l’ennesima sfida durante l’ennesima dinastia. Quindi, quando esce un film diverso, corro al cinema, questa volta sono andata con un mio amico, uno del mestiere, uno di quelli che mentre tu ti godi la storia, lui guarda i movimenti di camera, carrellate, camera fissa, scelta degli attori, ritmo delle scene, più un chirurgo cinematografico che uno spettatore. Ma alla fine la deformazione professionale è insita in chi tiene a ciò che fa, per tutti.

Il film è Guanyin Shan. Due ore. Le ho sentite, ma nel compenso mi è piaciuto, a differenza del chirurgo, mi è piaciuto per notivi a cui lui non ha fatto neanche caso. E’ uno dei pochi film cinesi che ho visto in cui sono esplicitate le emozioni, le difficoltà di relazione tra padri, figli, madri e figlie, la disperazione per la morte. Gioie e sentimenti vengono fuori, emergono e coinvolgono. Spesso nei film cinesi, tutta questa parte intima rimane inesplorata, o forse solo trattenuta, esiste, c’è, ma si intende solo una  sottile tensione, che non sfocia, che  non dialoga. Per questo spesso incantano, nel non detto, nelle tempistiche lente che portano all’estrema sopportazione lo spettatore. Guanyin shan invece vive di emozioni espresse e urlate. Urla nei tunnel e nei treni, sfoghi in ospedale di fronte a padri alcolizzati, nelle risate che si fanno con gli amici che ti conoscono da una vita, cose in fondo molto comuni, ma che qui spesso rimangono immerse in un involucro semioscuro, che tristemente affascina.

Il film finisce i titoli di coda scorrono, li guardiamo fino alla fine, i chirurghi di tutto il mondo fanno così. Guardo Y.H e dico: Lungo ma bello, no? Lui, mi guarda e mi dice: Ma ti pare che in film ambientato nel Sichuan fa parlare gli attori di Taiwan senza doppiarli neanche? (In effetti ‘ come se in un film ambientato nell’Ogliastra ci sono i protagonisti, che parlano in bergamasco). Questa gliela faccio passare, ma quando comincia con le solite storie di camera e carrellate, lo guardo sorrido e mi accendo una sigaretta, canticchiando il motivo del film, con la testa appoggiata al vetro della macchina che mi accompagna a casa.

 

blu

March 31st, 2011 by yilian

FIORE DI LOTO BLU


 

Numeri del Museo Nazionale

March 31st, 2011 by yilian

3 – anni prima della riapertura

191.900 metri quadri

49 sale per esibizioni

1.000.000 di pezzi

800 posti nel teatro

300 posti nella sala conferenze

1.33 metri – 883 Kilogrammi – 3.500 anni –  Bronzo

3.000 visitatori massimo al giorno*

2.5 billioni di Yuan – 367 milioni di dollari – costo

 

* tutti dati della Xinhua, per il massimo dei visitatori, ci sono altri siti che sostengono massimo 8.000 visitatori, cosi’ come il gentile nserviente che oggi mi ha rispedito a casa, dicendo che 8.000 biglietti erano finiti la mattina. Si sa che se i cinesi si muovono, si muovono davvero 🙂

mmmmm

March 31st, 2011 by yilian

Not forever now (Micah P.Hinson)

Strike the circuits out, and count the papers down
Wipe the dust up from the floor you know so well.
Find the confidence it takes to leave this place
Cock the trigger, check your head, and have your say.
Stumble forward, take the bottle from the shelf
Some silver harmony that makes its way back now.
Find the confidence it takes to leave this place
Cock the trigger, check your head, and have your say.
It’s not forever now, but still you don’t see how
Everywhere we look we’re out of bounds.
It’s not forever now, but still I’m finding out
Every time we’re up we’re falling down.

Not Forever Now (Centro Matic)

 

La stessa scelta

March 30th, 2011 by yilian

Mi spiegate perchè se erano tre le mani e le teste, la scelta è stata la stessa? Non solo la scelta è stata la stessa, anche il luogo dove questa è avvenuta: l’aereoporto di Fiumicino, la libreria dell’aereoporto, per essere precisi. Identico era il punto di arrivo dell’ennesimo viaggio, la direzione di volo, solo i tempi differivano. Il momento della scelta era diverso. (Ah, i tre si conosco, bene)

L. si accosta alla libreria dondolando, con passi lenti ma non distaccati. Ha il computer e una sciarpa viola, lana made in China. Supera il bar, dove cede alla tentazione di un cappuccino prima di partire. Lo beve e dondola ancora un po’ avanti e si spinge all’interno, riluttante? No, è così che funziona il suo passo. Nella sua testa ci sono immagini lasciate al Sud, vecchietti e vicoli bianchi. Mentre la luce al neon da fastidio, molto fastidio e abbassa losguardo, anche questo tipico di L. Decide di guardarsi intorno, passa subito al reparto CD e ritrova quello che ha già ascoltato nel corso dei suoi trentun’anni di vita. Gira lo sguardo e la mano va da sè, senza nemmeno pensarci troppo prende un libro, lo soppesa, il retro di copertina non la intriga, ma non lo lascia. Va alla cassa, paga e va al check in per Pechino.

M. non è facile smettere di parlare con la sua famiglia, lo seguono e lo accompagnano. Sono quattro e il tempo pre partenza è frastellato da raccomandazioni, sul viaggio, sulla permanenza, sui saluti alla futura moglie e un pensierino anche per figlio che verrà. M. li lascia fare, risponde quando salgono tutti sulla scala mobile. La libreria è ad un passo ed esige un momento solo per lui. Con abilità li asseconda per un dolce al bar, tortina al cioccolato. Loro ordinano, lui entra nella libreria. Mette gli auricolari, e lascia che un vecchio pezzo dei Fugazi suoni il suo incontro con il libro. Lo prende, indeciso anche lui, ma non lo molla. Sarà la copertina rosso carminio. Paga e raggiunge la sua tortina al cioccolato, ultima, prima del volo per Pechino.

D. Ha fatto una scelta inopportuna, viaggio con i tacchi, bassi ma sempre tacchi. I suoi passi risuonano sul lucido pavimento, alterati dalle voci dei suoi tre accompagnatori, che in fin dei conti sono la sua famiglia. Se ne rende conto sempre di più al momento della partenza, in quanto loro ci sono sempre. Sale sulla scala mobile, famiglia al seguito, passaggio al bar, lei non mangia, c’è ben poco da mangiare per chi vive di riso e mais. Lascia tutti al bar, si guarda intorno e vede tante persone distese, sulle poltrone. Loro non partono, abitano lì in aereoporto, dignitosi senza tetto. Si informa dalla commessa, la quale coferma, si vivono tutti qui, di notte, di giorno non sa bene dove vadano. L’immagine la turba e frettolosamente rimuove lo sguardo dalle coperte che raccolgono quegli uomini. Passa al reparto riviste, ne compra due, una la vorrebbe eliminare, ma alla fine non cede. Sta per andare via, quando la coda dell’occhio si ferma su di un libro. Torna indietro, lo prende, è la figura di copertina ad intrigarla, in fondo è anche uno dei suoi autori preferiti. Lo compra e cerca nella borsa il biglietto, direzione Pechino.

Il libro

Chi dice sia il caso, parola inflazionata per giustificare inconscie suggestioni, per non riuscir a vedere più quello che c’è dietro al sipario. L’importante è ricordarsi che possiamo essere davanti al velluto rosso, ma possiamo anche guardare dietro cosa c’è.

Passione di fine Marzo

March 28th, 2011 by yilian

金桔

mandarini cinesi

 

Il re e lo scudiero

March 28th, 2011 by yilian

Per essere scudiero del re, bisogna superare delle prove. “Intanto non devi parlare, ma devi ricevere uno sguardo di assenso e poi puoi aprire bocca. Sarà un po’ difficile all’inizio ma poi diventata tutto naturale, imparerai a parlare solo dopo avermi guardato e, saprai già dentro di te, se quello che starai per dire lo potrai dire o meno”. Lo scudiero indossa la calzamaglia bianca, incollata ai peli delle gambe, una bisaccia alla cinta e una comoda mantella, la barba incolta e una spada. Il re, è ciò di cui lo scudiero a bisogno per la sua realizzazione, pensano i più. Insegnamento, incoraggiamento e inutile speranza di raggiungere la libertà. Chi sarebbe lo scudiero senza re? Nessuno. Mormora la gente.

Un’altra prova è bere. Bere fino a svenire sempre tenendo presente la spada, la ciotola e il riso. Non bere e lasciarsi andare, soli nella notte, ma essere sempre lì accanto al re, tra il suo vomito e le cosce della dama di turno. L’alcool lo può sfinire, ma non lo deve abbattere, in quanto la presenza deve essere costante, lo sguardo del re potrebbe sempre arrivare per ricevere l’assenso dello scudiero, quindi essere presente non a se stesso ma al re.  Sempre.

Certo, tra i ciottoli e le vie della piccola fortezza, non è facile non intrufolarsi un una locanda con la luce bassa e invitante, fuori tira un po’ di vento, i brividi passano tra le maniche larghe della mantella e il desiderio dello scudiero è quello di aprire la porta, chiedere un bicchiere di qualsiasi alcool e sentire i passi degli altri viandanti al piano di sopra, il legno assorbe ma il suono si espande e crea immediatamente calore. Invece no.

Il re, comunica allo scudiero la terza prova, in assenza del re, lo scudiero deve essere sempre riconosciuto come tale. Un segno di distinzione. Che non può essere un tatuaggio, deve essere un marchio fatto con il fuoco, tre profonde cicatrici fatte da un rovente pezzo di metallo, sul polso sinistro dello scudiero, solo così il re saprà che lo scudiero lo appartiene.

Lo scudiero è un bravo scudiero, acconsente e supera tutte le prove. Tutti li acclamano: lo scudiero e il re.

Solo da lontano una vecchia, la povera pazza che di giorno vaga nei mercati e la notte si sofferma a guardare la gente, continua a ripetere la stessa frase, da secoli e secoli:

il re senza scudiero non è nessuno, il re senza scudiero non è nessuno.

 

Padre e figlia

March 28th, 2011 by yilian

La scorsa notte, i sogni notturni mi hanno scosso, presa dalla voglia di buttarmi fuori dal letto, questa mattina mi sono lavata, vestita velocemente e sono andata in libreria. Lo scopo era di comprare un libro di Wang Shuo 王朔 dal titolo Io sono tuo padre 我是你爸爸

Fortunatamente vivo vicino ad una libreria molto fornita di Pechino, la Sanlian. Pochi minuti in bicicletta tra il traffico e i gli stretti vicoli e sono arrivata. I soliti tre gradini, la porta di ingresso  e sono immersa nel silenzio. Finalmente, dopo i sogni di questa notte, ci voleva un po’ di calma.

Di solito all’interno c’è molta gente, chi sfoglia riviste, chi romanzi, i soliti clienti delle solite librerie di tutto il mondo. E’ normale vedere persone che prima di comprare un libro lo tengono tra le mani, lo girano e lo rigirano. Nelle librerie cinesi, però c’è anche chi si siede sui gradini che portano da un piano ad un’altro, apre un libro e lì si ferma. Queste sono le persone che mi mettono calma e buonumore. Oggi c’era un quasi quarantenne così immerso nella lettura da far invidia, aveva quasi finito il libro, con le braccia appoggiate sulle ginocchia, accucciato su un piccolo gradino. Sotto di lui un ragazzo molto giovane alle prese con un fumetto, la testa appoggiata alla parete e lo sguardo attento sulle pagine bianche e nere. Al piano inferiore invece un muratore, con le scarpe sporche di calce, ero curiosissima di sapere cosa stesse leggendo, ma non me la sono sentita di disturbare il suo momento di riposo.

Tra tutti quei libri quello che più mi attirava erano i lettori che assaporavano le pagine. Non mi sono soffermata molto, non ho fatto la solita cliente. Ho cercato il libro che volevo, e non c’era, ho optato per un’altro testo dello stesso autore.

Si intitola Conversazione con nostra figlia 和我们的女儿谈话