Tibet: interrogativi di questi giorni

March 18th, 2008 by yilian

Non è facile essere indipendenti. Liberi di avere un’informazione veritiera senza che il dubbio affiori alla gola. Non tanto per la accuratissima censura cinese (alcuni programmini, aiutano a districarsi da The Great Firewall) ma piuttosto per la mancanza di informazioni.

C’è un solo giornalista straniero a Lasha, che ha avuto la fortuna di essere lì prima dell’inizio dei tumulti. Il signor è dell’Economist e solo lui, per la stampa straniera, può scrivere quello che vede, scritto qui.
Danwei da un ampio panorama con articoli più che interessanti riguardanti la situazione attuale in Tibet.

Il tema è ricorrente, la questione tibetana, che da parecchi secoli ormai ritorna di nuovo e di nuovo. Il punto è che per la maggioranza Han, il problema è inesistente. Il Tibet è cinese. Punto. Non ci sono per ora passi indietro, religione e socialismo alla cinese, ancora non si possono confrontare. Ho letto proprio ieri sul Nanfang Zhoumo 南方周末 un articolo interessante sul rapporto religione e socialismo. In un’intervista del 13 marzo, l direttore dell’Ufficio degli Affari Generali per la materie religiose, il signor Ye Xiaowen riprende l’interrogativo posto da Deng Xiaoping: come coinciliare la libertà religiosa e contemporaneamente prevenire le violazioni perpetrate dal fanatismo religioso che viola gli interessi del popolo e del socialismo?

Il giornale più aperto della Repubblica Popolare cinese affronta la questione Tibetana parlando di religione e di principi, che nel corso degli anni da Deng fino ad adesso sono stati analizzati a fondo e da parte del partito. E’ sbagliato, dice il signor Ye la valutazione di voler accantonare le religioni, sarebbe un modo per allontanarsi dalla base fondamentale del rapporto tra marxismo e religione. L’articolo continua con una lunga digressione sul rapporto tra Vaticano e Cina per poi, finalmente, arrivare al Tibet.

Qui, il discorso è sentito e risentito. Per i cinesi, almeno quelli schierati è facile: il Tibet è cinese, il Dalai Lama è appoggiato dagli Stati Uniti e dagli altri paesi occidentali per promuovere la sua politica seccesionista. Quello a cui tengono i cinesi e ci tengono molto più di tanti altri popoli al mondo è l’unità del paese.

Un unità cercata da secoli, imperi e regni si sono alternati durante 5.000 anni di storia per unificare il Paese. La lingua parlata è forse il collante più utile di tutto. Ma qualche cosa è sempre scappata e scappa anche adesso. Il problema è difficile da risolvere, abbassare la guardia o a mano che tiene tutto il Regno di Mezzo ancora assieme e rischiare il conseguente sfaldamento? No. Il consenso popolare del governo leggittima quest’ultimo a prese di posizione forti, ma fino a che punto? Che ruolo avrà la comunità internazionale? Che da una parte si schiera buona buona per il rispetto dei diritti umani, che suona così bene, ma dall’altra parte ha promosso ed ora è soggetta alla delocalizzazione delle imprese e campa anche grazie ai musetti gialli che lavorano nelle fabbrichette del signor europeo-americano? I dissidenti tibetani (ma inserisco anche tutte le altre minoranze, Xinjiang in primis e tutti quelli che si sentono di poter perdere tutto pur di cambiare qualche cosa) organizzeranno altri momenti di ribellione? Se sì, le autorità saranno in grado di gestire tutto? Come reagirà Taiwan alle votazioni dei prossimi giorni proprio sul tema dell’indipendenza? 

Il momento è delicato. Spero che la Cina abbia l’accortezza di mettere da parte il proprio orgoglio e la propria paura e di riuscire a dialogare. Spero che guardi un po’ più in là oltre le teorie marxista e accetti di vedere i tibetani per quelli che sono. Con i loro spiriti e le loro genuflessioni e non tramite la lente cinese-han fatta di supermercati e autostrade. Contemporaneamente spero che il Dalai e la sua comunità internazionale, ma soprattutto la comunità internazionale, siano ben intenzionati a risolvere la questione. Spero la comunità occidentale rispettosa del tema di politica interna e che l’ingerenza sia ridotta al minimo, non rida sguaiatamente l’America e l’Europa faccia meno la schizzinosa.

Poco e nulla servono le minacce e i boicottaggi vari. C’è bisogno di dialogo tra le singole parti. 

Una bella sfida che non mi sarei aspettata di vedere. 

 

Difficoltà della lingua cinese

March 14th, 2008 by yilian

E’ un po’ di
tempo che pensavo di scrivere un post sulla lingua cinese, adesso un articolo
letto
quì me ne ha dato lo spunto.

Il ministro degli
Affari Esteri cinese afferma che la lingua cinese è una delle lingue più facile
del mondo da imparare. Bhe, una volta un tassista mi chiese se trovavo
il cinese facile o complesso. Ho risposto come il signor ministro, che in
teoria non dovrebbe essere troppo difficile se un miliardo e 300 milioni di
persone la parlano. Ho risposto di getto e con insensatezza, non stavo in conferenza stampa, soprattutto. Non credo
si possa giudicare la difficoltà di una lingua dal numero dei nativi che la
parlano.


Il cinese, invece, è una lingua difficilissima da apprendere. Queste parole
sono state scritte sulla pirma pagina del libro del mio docente universitario,
l’ho apprezzato per l’onestà. 


La difficoltà del cinese dov’è? Allora, il cinese, non può essere mai lasciato
da parte, o ti ci butti con tutto te stesso, o non ne verrai mai a capo. Parto
dal punto di vista che è una lingua che, metaforicamente, si cerca sempre di
afferrare, di inseguire, ma difficilmente si riesce davvero a padroneggiare. Intanto,
il cinese, mi spiace dirlo ma va imparato anche a memoria, mi spiace per tutti quelli che vorrebbero imparare una ligua solo parlando con le persone senza aprire un libro, senza prendere carta e penna. I caratteri vanno
scritti ripetutamente, a volte anche con un non sochè di ossessivo, vanno
ripetuti non solo i caratteri singoli ma anche le coppie di due caratteri. Per dire questo
verbo si usa con questo comlemento oggetto e non con un’altro.

La lingua
scritta è di un fasciano misterioso in principio. Mi ricordo il professore che
in classe ripeteva di imparare i radicali. I radicali sono una parte
constitutiva del carattere. Per cui, ma ben attenti, non è una regola fissa, se
troviamo in una frase un verbo che significa agguantare, prendere, tirare, ci
sarà il radicale di mano alla destra del carattere. Nella parte sinistra a
vollte c’è l’elemento fonetico, che ricorda la pronuncia. Ma anche qui ci sono
innumerevoli variazioni. Queste due parti formano i caratteri.
Gli ideogrammi ripeto, vanno scritti, scritti e riscritti. Bisogna trovare
piacere nel farlo, mettendoci un po’ di tocco estetico, perchè no, altrimenti
potrebbe diventare un lavoro noiosissimo.


La lingua parlata, quella ufficiale è il mandarino. Il mandarino puro di sente
solo in televisione, quella del telegiornale, per farmi capire. Per il resto
anche il più corretto del cinese ha la sua inflessione e poi ci sono tutti i
dialetti, ma questo è davvero un’altro mondo.
Quindi che fare con questo cinese. Intanto bisogna essere appassionati ed avere
enorme pazienza, impegnarsi a fondo, immergersi. Adesso è anche un po’ più
facile di un tempo, ora ci sono film più o meno decenti da vedere e non solo
propaganda maoista, c’è tanta musica da ascoltare e tanti testi di canzoni da
leggere, ci sono giornali, riviste, tantissime riviste, libri, ecc. ecc. Non
darsi un limite, buttarsi. Parlare con le persone è essenziale, ascoltare anche
senza capire, lasciarsi prendere. 
E una lingua difficile e incredibilmente affascinante. Ci sono momenti in cui
pensi vabbè, 7 anni di studio per nulla una lingua inafferabile appunto, altri
momenti, dopo per esempio una bella chiacchierata con una amica o con un amico
in cui sospiri e pensi che è come tutte le altre lingue, ma forse solo per la
prensenza paziente dell’amica-o.
Un altra cosa, la lingua non puo’ essere disgiunta dalla sua storia, dal suo
passato, dalla conoscenza di quello che c’è dietro a "tutti quelle linette
che sembrano casette", è un tutt’uno. Ma a questo punto ci troviamo davanti ad un libro con un contenuto stracolmo di storia, eventi, di uomini che hanno fatto la storia dall’altra parte del mondo, parlano di uomini che in principio sembrano così lontani, di dinastie e imperatori ma basta lasciarsi prendere dallo scorrere di quel tempo.

*Studiare il cinese classico, leggere i classici confuciani e taoisti e divertirsi con i proverbi. Ma questo solo per chi ha
vera passione. 

 

Free Hugs China e 彩虹 di 许巍

March 12th, 2008 by yilian

C’è una canzone che mi ha accolto oggi mentre
rientravo a casa. Precisamente 彩虹 Caihong, arcobaleno, di 许巍 Xu Wei.
Incomincio a fischiettarla e ad intonare un po’ la melodia di
sottofondo. Ma perchè la so? Dato che stiamo parlano di pop-rock
cinese, non sono un’esperta davvero. Pensa che ti ripensa, ecco il
perchè, è la traccia che accompagna un bel video (freehugs in China) del 2006 quando in Cina incominciava ad essere frequente vedere in giro i cartelloni bianchi con scritto FREE HUGS o  免费拥抱

Qui sotto il testo della canzone: 

每当音乐声响起
心就宛如一道彩虹
我多想拥抱着你
让你感觉不到风雨
在缤纷的节奏里
让你感觉快乐简单
在温暖的春天里
把你的心再次唤醒
每当你望着远方
别忘了爱在身边
我多想让你醒来
我多想给你温暖
在我珍爱的每一天
爱你是不变的信念
任时光飞逝如闪电
这彩虹永远开在我心间

Una curiosità, il video cinese è in risposta ad un’altro video (freehugs campaign),
molto simile al video girato a Pechino, la cui traccia sottostante
invece è stata messa su da un gruppo di adolescenti australiani. Bhe,
non mi intendo neanche di pop-rock australiano…ma continuo a
preferire di gran lunga e a canticchiare Caihong di Xuwei.

*altra cosa, notare che la traduzione in cinese di Free hugs è 免费拥抱 e non 自由拥抱, ossia abbracci gratis invece di abbracci liberi. vabbè. pratici fino alla morte.

Buona visione. 

Beijing Buildings

March 10th, 2008 by yilian

Non ha tutti piacciono, polemiche sui costi dei progetti dilagano sulla stampa internazionale, Io passandoci davanti non posso che arire la bocca, e meravigliarmi per la loro estetica del tutto fondata sul secolo a venire. 

1. Beijing Olympic
Stadium detto anche "nido di rondine" per la sua forma a canestro.
Argentato e immenso, conterrà 100.000 spettatori durante le Olimpiadi,
330 metri di lunghezza e 220 di ampiezza, 36 kilometri di acciaio lo
ricoprono.  *Herzog & de Meuron, studio svizzero ha firmato il progetto per il modico costo di 325milioni di euro*

 2.
Central Chinese Television CCTV. Il palazzo è futurista su piano
tridimensionale, ancora in costruzione. 230 metri di altezza sarà
circondato da 400.000 metri quadri di base in cui tutto il sistema
televisivo, amministrativo e non avrà luogo. Il building è inserito nel
Central Business District, quartiere della città in completa 
rivoluzione. * the Office for the Metropolitan Architecture (OMA), studio assolutamente multietnico con quartier generale in Olanda si è aggiudicato il progetto.

3.
Beijing National Grand Theater. Ha un passo da piazza Tiananmen
stupisce per la sua forma tondeggiante, un guscio di tartaruga accanto
al contorno spigoloso e austero, costruizione in titanio circondata di
acqua. * Paul Andreu architetto francese è l’artigiano.

Fumetto alla cinese. Ding Cong. 丁聪

March 9th, 2008 by yilian

Consiglio a tutti di munirsi delle vignette di Ding Cong, fumettista di Shanghai. I libretti sono maneggevoli, al costo di soli 12.00 yuan, ci si procura della satira cinese, che da un po di respiro a chi come me a volte si stanca dell’austerità delle Santana a vetri oscurati, dei grossi palazzi stile sovietico, e che essendo cresciuta con Vauro si sente un po’ più a casa.

Le vignette sono tante e spaziano soprattutto sulla Cina, percorrono eventi, fatti e cambiamenti. Da grende fine umorista coglie il punto più delicato e provocatorio, quello che detto e scritto potrebbe far davvero male, ma trasformato su carta non può che far abbozzare al lettore un sorriso maliziosetto. Descrive con sottile ironia le qualità del popolo cinese, quelle che si portano avanti da secoli. Qualità non è davvero la parola giusta, tutto quello che c’è dietro "l’uomo Cinese", famiglia, regole, partito, a moltissime altre. Invito davvero tutti a fare un ripasso storico con l’aiuto di Ding Cong. A me a fatto benissimo, ma soprattutto mi ha fatto ridere, dato che in questo periodo sta Cina, mi sta appesantendo l’animo. Viva la satira!

 

E il ministero alla fine parlò

March 9th, 2008 by yilian

Vi avrei potuto tediare ma non lo faccio per
rispetto. Vi risparmio la noiosissima traduzione parola per parola.
Brevemente accenno in sintesi le parole del portavoce del Ministero
della Cultura cinese, che dopo aver taciuto, ragionato, riflettuto e
spremendosi le meningi a sufficienza hanno comunicato con la stampa sul
fattaccio dell’attrice islandese.

Il comunicato si divide in tre parti molto chiare:

Prima:
ribadire a gran voce l’unità della Repubblica Popolare Cinese. "Nessuna
nazione ha mai ammesso l’indipendenza del Tibet…"

Seconda:
benvenuto a tutti gli artisti stranieri, purchè rispettino le leggi
della Repubblica Popolare Cinese. In parole povere, cantare è cantare,
fare politica è fare politica, due cose ben diverse.

Terza: da adesso in poi ci saranno controlli molto più seri su tutti gli artisti stranieri.

Insomma,
la cara società paternalista ha colpito ancora, ha punito la bella
islandese e i suoi successori. Sembra che in Cina, comunque il problema
Tibet non sia per la maggior parte delle persone un vero problema,
viene vissuto più dagli occidentaloidi e dai Tibetani (spero).
Purtroppo non conosco tibetani se ne conoscessi onn smetterei di fargli
domande. Dato che se il problema esiste adesso, esiste per loro. Sono
loro a subire la cosidetta occupazione, sono loro che dovrebbero
lamentarsi o urlare. Quello che mi ha fatto riflettere su tutta questa
storia, non è la provocazione della fanciulla, non è il coraggio
islandese, ma la reazione cinese. Caldo e accorato il popolo dei blog e
dei forum, ma non mi sembra che abbiano riflettutto sul testo della
canzone. Insomma non un solo approfondimento sulla situazione Tibetana,
non una sola domanda su come davvero si sentono i Tibetani, sulla
storia del Tibet o anche sull’esercito di liberazione e il suo arrivo a
Lasha nel 1950. Insomma nulla di tutto questo, non c’è memoria pare nei
discorsi fatti in rete, ci sono accuse agli occidentali ficcanaso,
analisi sulla situazione islandese e di conseguenza sulla personalità
di Bjork, ma nessuna (almeno da quanto ho letto io) riflessione sulla
situazione tibetana. 

Sono perplessa.

Bjork Declare Indipendence

March 5th, 2008 by yilian

Il fatto sta
rimbalzando su media e giornali stranieri, i giornali cinesi online per ora
tacciono l’accaduto, mi chiedo che fanno i giornalisti o giornalisti dalla
schiena curva che si occupano della questione, analizzano, leggono ciò che dice
la stampa straniera e i blog locali, che per fortuna parlano, oppure cosa più
probabile aspettano direttive dall’alto. Il fatto in quesitone è accaduto il 2
marzo a Shanghai. La bella fanciulla, ormai 43enne Bjork, alla fine del suo
spettacolare concerto nel neanche troppo accogliente palazzetto dello sport di
Shanghai ha inneggiato all’indipendenza del Tibet.

Ma andiamo con
ordine, parlo di quello che ho visto mentre ero lì e delle reazioni sui
"media" cinesi.  

Il bioglietto che
mi sono aggiudicata era un bigliettaccio di quelli che ti fanno stare sugli
spalti seduta, (500 yuan, 50 euro), mi guardo intorno e piano piano salgo le
scale e arrivo sulla mia sedietta blu, già sono infastidita dal dover stare
seduta, ma come si può vedere un concerto seduti? Almeno alcuni concerti devono
essere vissuti saltellando sulle gambe e alzando le braccia, cantando a
squarciagola. Le luci si spengono, prima canzone, è dell’ultimo album che non
conosco. Sono stata fedilissima alla bella fanciulla islandese, tra i miei 15
ai miei 23. Fortuna la seconda e poi via via si va sugli album a cui sono più
legata, piano piano i miei amici cominciano a scendere dalle scalinate anche le
loro gambe hanno bisogno di muoversi al ritmo di Homogenic. Contemporaneamente
Bjork chiede al pubblico: CAN YOU DANCE? Mi guardo intorno, vedo sugli spalti
la gente ferma, piano piano si incomincia a popolare il parterre di piedi
scalpitanti, ma gran parte del resto delle persone, perfino i fortunati con il
bigliettonone da 1600 yuan, si muovono ben poco. Il concerto va avanti e
coinvolge sempre più persone, io canto a voce alta parole sconnesse in inglese,
ringraziando Tania che mi ha anticipato i soldi del viaggio e del biglietto, ho
fatto benissimo ad arrivare fino a SH. Bjork energica come al solito, corre e
salta con suo fare da bambina perenne, con una grande gonna colorata gioca con
la voce. La band di fiati la segue, chi si occupa della parte elettronica
anche, Marc Bell da il suo meglio, io sempre più felice di vedere anche il suo
show.

Arriva la
presupposta ultima canzone, Bjork esce, finalmente i piedi del pubblico
cominciano a richiamarla sul palco, arriva dopo due minuti di applausi. Una
canzone finisce e lei anticipa "Another more song". Ecco l’inizio di
DECLARE INDIPENDENCE, a posteriori saprò come si intitola, per il momento mi
faccio trasportare dal ritmo e dalla prima parola: JUSTICE. poi via via con il
testo, guardo un po’ sorpresa Henya, cerco conferma di quello che sto
ascoltando. Una traccia indubbiamente piena di vigore, quelle due parole messe
lì in mezzo tra "don’t let them do that to you" che possono sembrare
un po’ "too bad, too bad", invece no. Dice proprio TIBET TIBET.

Applausi finali
di tutti quanti. (sospetto non abbiano capito il testo.) 

Questo è ciò che
è successo, quello che ho sentito.

Presupposto mio
personale, chuinque è libero di esprimersi. Non voglio cominciare la solita
discussione sul ruolo del Tibet e quello del governo cinese. Ma vorrei
segnalare un po’ di commenti letti qua e là sui blog. Ad adesso quasi 17.000
persone hanno digitato sul google.cn le due parole Bjork e Xizang (Tibet). Direi
parecchie, anche perchè aumentano di minuto in minuto.

Opinioni
personali si trovano un po’ ovunque nella rete, su
Tianya un forum piuttosto visitato si dice:

 

* Ha avuto un bel
coraggio! Ma penso che in futuro non potrà più ritornare in Cina.

Poi gli
occidentali hanno capito e il risultato è che hanno visto parecchi cinesi che
ancora ballavano, davvero da morire dalle risate!

* La maggior
parte di qu*esti artisti sono tutti arrabbiati, fottiamocene!

* Dovrebbero
essere severamente puniti gli organizzatori del concerto, e far sì che questi
deficenti non invitino a cavolo questa spazzatura!

* Quando il
concerto è finito se ne è andata immediatamente, scomparsa alla velocità della
luce, sembrava che fosse tutto preparato. Oltretutto quella canzone non era
inserita nella lista, ha organizzato tutto alla fine, tutto premeditato. Se
questa volta ha avuto tutto questo effetto, poi tutti quelli che come lei hanno
avuto la stessa tendenza, ad esempio i Radiohead, non vorrano fare neanche
mezzo passo in Cina. Lei può benissimo avere il suo parere politico, ma in un
concerto, facendosi forte della barriera linguistica, non può prendere in giro
tutta la gente….

* Questo è
troppo, è una cazzona!

* Bjork ha
partecipato al concerto per il tibet libero, a noi non importa tanto è
straniera, non ha ricevuto un’educazione di partito, con noi non c’entra nulla,
ma questo modo di ingannare le persone fa davvero incazzare!

* Prima della
liberazione in Tibet c’era un sistema schiavista, questi cazzo di stranieri non
sanno una minchia!

* (riferimento al
post sopra) Ti hanno fatto un perfetto lavaggio del cervello. Sai che cosa vuol
dire schiavitù? Hai idea del concetto di schiavo? Vai a conoscere il Tibet e
poi ne riparliamo!

I commenti
precedono anche su altri forum, alcuni mettono in evidenza la nazionalità della
bella 43enne. Islandese, quindi figlia di una delle più vecchie democrazie
d’europa. Ha conquistato l’indipendenza nel 1944.  

 Insomma almeno
sul web abbondano i commenti di rabbia, ma soprattutto per essere stati presi
in giro, dillo in cinese e vedi quello che ti succede, questo è il concetto. Altri
affermano che associare conzoni e politica è ridicolo (lo leggesse Guccini..),
altri ancora pensano che noi stranieri dovremmo farci i fatti nostri e smettere
di mettere bocca sui problemi altrui.

A questo punto
non posso che concludere che il partito non ha nulla da temere, davvero una
nazione pronta ad ubbidire.  

Interpretando

February 28th, 2008 by yilian

Dire una cosa nota. Qui in Cina, c’è chi fa tutto e chi si fa in 4 per mettere un po’ di soldi da parte, chi vorrebbe vivere di storia e letteratura e filosofia cinese, mangiar pane e libri, di persone così ne conosco parecchie. Purtroppo nel mondo della fantasia pane e dinastie vanno bene, ma in questo qui, proprio questo dove mi trovo ora no. Quindi un po’ tutti noi, cerchiamo di arrabbattare un po’ di euro facendo da interpreti. 

E qui incominciano le storie e le esperienze, chi in giacca e cravatta va a conferenze, chi porta imprenditori o piccoli proprietari di aziende a fiere più o meno grandi, chi impara vocaboli da un giorno ad un’altro per visitare una fabbrica di acciaio, io invece, in questi giorni, sono in una discarica. Precisamente alla periferia sud-est di Pechino. Tutto è partito da una telefonata, una signora del nord, con tono freddo e professionale mi chiama " Si, salve, avrei bisnogno di una interprete dal giono tot al giorno tot". Le chiedo spiegazioni sul lavoro e ecco la prima frase: "Siamo una azienda italiana che produce impianti ecologici e dobbiamo installare un’impianto in una discarica di Pechino". Bhe, dato che i giornali online italiani non fanno altro che parlare di discariche e io non ne ho mai vista una, mi ci sono buttata al volo (per modo di dire). E’ da 4 giorni che sono accanto ad un enorme buco, dal perimetro di 1500 metri, dal parere del tacnico italiano sembra fatta a dovere, gli operai cinesi lavorano bene, altri guardano che gli operai lavorino bene, altri vanno a pranzo e tornano un po’ brilli da troppi bicchierini di baijiu. Io interpreto, cerco di far comunicare un romano con un pechinese, per ora tutto bene. Solo un po’ di astio con deficiente che vista la signorina nella discarica si permette battute, mezze provocazioni sul primato della cultura cinese, facendo pesare alla signorina nella discarica la sua poca conoscenza dell’ennesimo proverbio cinese. Come se in una discarica ci fosse bisogno di parlare a proverbi. Polemica a parte. Anche domani sveglia alle 6, in metro dritta verso sud e di nuovo accanto all’enorme buco, ricoperto da teli neri. Ancora non ci sono riufiuti e meno male.

(Potete immaginare la mia espressione pensando ad una azienda italiana che istalla impianti ecologici in Cina, mentre la Campania esplode. Ma quanta gente si arricchirà alla spalle di Napoli periferia che straborda di spazzatura? Davvero troppa, sia gente che spazzatura. 

Pallini bianchi

February 22nd, 2008 by yilian

Ieri sera fuochi d’artificio hanno festeggiato la
fine della festa di primavera, Pechino era immersa dalle 18.00 in poi
da un’immensa coltre di fumo al sapor di polvere da sparo. Il cielo era
colorato mentre tutti in strada non smettevano più di giocare a questa
finta guerra un po’ napoletana. Bhe, io ho camminato fino ad un pub
irlandese, ho incontrato e brindato con amici di vecchia data e ho
ascoltato parole di amici di amici e stanotte non sono riuscita a
dormire. Le frasi clue che mi hanno ferito profondamente sono state
due, quello che mi ha infastidito di me stessa è stata la reticenza nel
chiedere spiegazioni, sarebbe stato semplice. 

Frase 1. "Da quando siamo arrivati NOI la Cina è cambiata.."

Frase 2. "Ma quale cultura, la Cina NON ha più una cultura…magari ce l’aveva 5.000 anni fa, ma adesso proprio no…."

Mi
chiedo, in che senso da quando siamo arrivati noi la Cina è cambiata?
Nel senso, pensi che sia cambiata per la tua presenza qui? Perchè c’è
una società in più Italiana che concorre al cambiamento della Cina? Ma
poi diciamoci la verità che vuol dire La Cina, mi parli di tutta ma
proprio tutta la Cina, continente gigantesco che grazie a te, piccolo
pallino bianco nella marea di pallini bianchi, sta cambiando? Affermi
che la presenza straniera sia un efficacie stimolo per una
internazionalizzazione, o che tu sei il fautore del cambiamento della
Cina? No, perchè è molto differente. Il discorso a parte le polemiche è
serio: in Cina ci sono stranieri che sono staccati da quella che è la
realtà sociale. Aprono bocca ma non conoscono, urlano contro qualcosa
che non comprendono, per me per pura paura dell’altro, per pura isteria
del non riuscire a leggere nella logica altrui. Di conseguenza ecco qui
i nuovi colonizzatori, o forse i più fortunati (per me sfigati)
stranieri che non hanno mai preso un autobus nella loro vita cinese,
che leggono Rampini e che blaterano parole di astio. La reazione
istintiva è: ma perchè non ritorni nella bella Italia? Che cosa ti
ferma ancora qui? Profitto economico a basso costo? Società aperte e
tasse non pagate al paese ospitante? Non riesco proprio a concepire il
vivere in un’altro paese e chiudersi nei propri castelli fatti di cibi
europei. No, perchè lo sottolineo in Cina adesso lo straniero può
vivere ovunque, entrare e uscire e conoscere. Ma la maggior parte onn
lo fa, si chiude nel magico fortino.

La seconda
domanda. Bhe, questa fa proprio male al cuore. Le definizioni di
cultura sono molte e io non sono nè un’antropologa nè una sociologa, ma
non è facile arrivare alla sensazione che una cultura sia ciò che è
stato ed è diventato patrimonio di un gruppo sociale, quindi le
credenze, i valori e perchè no, anche tutto ciò che è materiale che
caratterizza il gruppo in questione e che è stato portato avanti nel
corso dei secoli. Bhe, cazzo, si può affermare che tutto questo non ci
sia in Cina? O forse non c’è ciò a cui tu, piccolo pallino bianco, sei
abituato? Forse c’è qualcosa che è "altro" rispetto a quello che
appartiene alla tua mente. Chi mi da della relativista non ha colto il
punto. Il punto è che dopo secoli di colonozzazione, ancora adesso
l’attegiamento permane. Noi piccoli pallini bianchi= cultura, loro= no
cultura. Mi chiedo ma sarà lo sbaglio delle nostre maestre delle
elementari che ancora dipingono Colombo come il più grande degli
esploratori e non come un mero conquistatore crudele alla mercè del
patronato spagnolo e del cristianesimo. Perchè essere esploratore vuol
dire avere della curiosità nel vedere quello che è diverso e non
tagliare la lingua agli indigeni e devastare ciò che si incontra.
Questo con l’esplorare non c’entra proprio nulla. Il nostro cazzo di
eurocentrismo avrà fine? Continuiamo così forse non solo per colpa
delle maestre delle elementari o dei libri di testo, ma per un sempre
più cocente senso di destabilizzazione. L’asse economico si sposta, si
parla di India di Cina, di Irak di Iran, e noi piccoli pallini bianchi,
noi che eravamo un tempo sui giornali per il Rinascimento, per
Garibaldi, per Cavour e anche per la dolce vita, per Mastroianni e per
la Magnani. Adesso non c’è più nulla di tutto ciò, solo piccoli
minuscoli pallini bianchi.

 

La mia personale Chunjie. parte seconda.

February 18th, 2008 by yilian

Il babbo di Maidian. Ex guardia rossa, contadino da una vita. Le sue quattro regole di vita: 1. Non fumare, 2. Non bere, 3. Non mangiare interiora di animali, 4. Non far preoccupare gli altri.

La mamma di Maidian.  

Il cugino, rimorchierà di brutto tra un po’ di anni. 

Il nonno. Nato nel 1915, vorrei avere solo metà dalla sua parlantina. 

Meimei, studente del primo anno di ingegneria ambientale.