Sono passati più di 20 giorni dai tumulti di Lasha,
ma l’interesse per quanto è avvenuto non diminuisce, sebbene in questo
ultimo periodo l’attenzione si è spostata su di un’altra questione,
strettamente collegata con ciò che avvenne: Il ruolo dei media.
Fin
dall’inizio molte persone lamentavano l’assenza di informazioni
veritiere da una parte e dall’altra, tra propaganda cinese e
occidentale. L’una difendava a spada tratta se stessa e il suo operato,
l’altra accusava la Cina di crimini di genocidio contro il popolo
tibetano. In tutto questo mondo o bianco o nero c’è chi lamenta il
fatto della falsità delle notizie, della parzialità del giornalismo,
cinesi e non cinesi. Un sito internet sta spopolando in questi giorni,
dal nome più che esplicito: anti-cnn.
In
principio le accuse occidentali riguardo a questo sito erano fondate
sul fatto che fosse una pura messa in scena da parte del governo
cinese. Non so onestamente quanto possa entrarci lo zampino di Hu
Jintao, ma sicuramente sarà molto soddisfatto nel vedere come i
cittadini cinesi hanno reagito alle accuse della stampa occidentali,
orgogliosi del proprio essere cinesi e infinitamente stanchi del
pregiudizio nei loro confronti. Il sito in questione però mi sembra più
uno sbocco per le tante voci nazionaliste che popolano la Cina, che un
luogo dove porsi delle domande. Il governo ne sorride, elogia in
programmi televisivi il ruolo del Blog, che permette l’espressione di
chi altrimenti non avrebbe voce.
Il pregiudizio
dei media occidentali non diminuisce e neanche quello di chi legge la
stampa straniera che descrive la Cina come il nuovo mostro. Mi ricordo
una volta sono tornata in Italia, in televisione, un programma
intitolato il Terrore Giallo e gli ospiti invitati neanche un qualsiasi
esperto di Cina. Chiamo un mio amico, felice di sentirmi dopo tanto
tempo, gli chiedo se la prossima volta mi sarebbe venuto a trovare, la
sua risposta, " bhe…sai cosa, non mi piacciono i cinesi…", io un
po’ stupita dalla generalizzazione chiedo delle spiegazioni, e lui "
Mah..solo una sensazione, sai i discorsi sui giornali…".
Quello
che va combattuto è il pregiudizio. Pericoloso mettere in atto questo
circolo vizioso fatto di informazioni deliberatamente parziali, senza
approfondimento. Forse è un problema più grande e generale quello della
validità del mezzo moderno di informazione, ma dipingere un popolo in
un modo, classificarlo genericamente a cosa può portare? Ad
un’ingiustificata incomprensione.
In Cina non ci
sono libertà individuali lamentano da lontano, il fatto che la
coscienza di essere un individuo e del proprio valore, il valore del
singolo non è qualcosa che si può esportare come possono pensare gli
americani con la democrazia, ricordo che fino a poco tempo fa in Cina,
lo slogan era 为人民服务, Al servizio del popolo. La precedenza al popolo
intero, alla massa se vogliamo e poi il singolo individuo, lui viene
dopo. E’ scritto a chiarissime lettere su ogni manuale di legge cinese,
forse il solo rimasuglio di una società comunista. Ma per questa
differenza di priorità non dobbiamo pensare che i cinesi siano amorali
o "senza Dio". Chi conosce un po’ la Cina, sa anche che i cinesi non
sono un popolo succube, ma instancabili e laboriosi e se vogliamo
solo diversi. Noi in occidente abbiamo mai sperimentato fin da bambini
classi da 50 studenti? All’università dormitori da 8 persone? Mense
affollate e stazioni stracolme? Famiglie in cui tutti si chiamano zio e zia, o amici che si chiamano fratello e sorella? Sanno bene i cinesi (o forse il la
politica del governo) che per governare la massa c’è bisogno delle
gerarchie, del rispetto dei ruoli e la Cina ancora si affida a questo.
L’animo del cinese si affida a questo. Fortuna che Confucio è nato qui.
Come conciliare le libertà individuali con un
tutto l’apparato precedente ma intimo che regge questo paese? Non è
cosa da poco, ma non che qui le persone non ne siano conscie.
Un articolo interessante scritto a posteriori con sale in zucca da Barry Sautman.