Archive for February, 2008

Interpretando

Thursday, February 28th, 2008

Dire una cosa nota. Qui in Cina, c’è chi fa tutto e chi si fa in 4 per mettere un po’ di soldi da parte, chi vorrebbe vivere di storia e letteratura e filosofia cinese, mangiar pane e libri, di persone così ne conosco parecchie. Purtroppo nel mondo della fantasia pane e dinastie vanno bene, ma in questo qui, proprio questo dove mi trovo ora no. Quindi un po’ tutti noi, cerchiamo di arrabbattare un po’ di euro facendo da interpreti. 

E qui incominciano le storie e le esperienze, chi in giacca e cravatta va a conferenze, chi porta imprenditori o piccoli proprietari di aziende a fiere più o meno grandi, chi impara vocaboli da un giorno ad un’altro per visitare una fabbrica di acciaio, io invece, in questi giorni, sono in una discarica. Precisamente alla periferia sud-est di Pechino. Tutto è partito da una telefonata, una signora del nord, con tono freddo e professionale mi chiama " Si, salve, avrei bisnogno di una interprete dal giono tot al giorno tot". Le chiedo spiegazioni sul lavoro e ecco la prima frase: "Siamo una azienda italiana che produce impianti ecologici e dobbiamo installare un’impianto in una discarica di Pechino". Bhe, dato che i giornali online italiani non fanno altro che parlare di discariche e io non ne ho mai vista una, mi ci sono buttata al volo (per modo di dire). E’ da 4 giorni che sono accanto ad un enorme buco, dal perimetro di 1500 metri, dal parere del tacnico italiano sembra fatta a dovere, gli operai cinesi lavorano bene, altri guardano che gli operai lavorino bene, altri vanno a pranzo e tornano un po’ brilli da troppi bicchierini di baijiu. Io interpreto, cerco di far comunicare un romano con un pechinese, per ora tutto bene. Solo un po’ di astio con deficiente che vista la signorina nella discarica si permette battute, mezze provocazioni sul primato della cultura cinese, facendo pesare alla signorina nella discarica la sua poca conoscenza dell’ennesimo proverbio cinese. Come se in una discarica ci fosse bisogno di parlare a proverbi. Polemica a parte. Anche domani sveglia alle 6, in metro dritta verso sud e di nuovo accanto all’enorme buco, ricoperto da teli neri. Ancora non ci sono riufiuti e meno male.

(Potete immaginare la mia espressione pensando ad una azienda italiana che istalla impianti ecologici in Cina, mentre la Campania esplode. Ma quanta gente si arricchirà alla spalle di Napoli periferia che straborda di spazzatura? Davvero troppa, sia gente che spazzatura. 

Pallini bianchi

Friday, February 22nd, 2008

Ieri sera fuochi d’artificio hanno festeggiato la
fine della festa di primavera, Pechino era immersa dalle 18.00 in poi
da un’immensa coltre di fumo al sapor di polvere da sparo. Il cielo era
colorato mentre tutti in strada non smettevano più di giocare a questa
finta guerra un po’ napoletana. Bhe, io ho camminato fino ad un pub
irlandese, ho incontrato e brindato con amici di vecchia data e ho
ascoltato parole di amici di amici e stanotte non sono riuscita a
dormire. Le frasi clue che mi hanno ferito profondamente sono state
due, quello che mi ha infastidito di me stessa è stata la reticenza nel
chiedere spiegazioni, sarebbe stato semplice. 

Frase 1. "Da quando siamo arrivati NOI la Cina è cambiata.."

Frase 2. "Ma quale cultura, la Cina NON ha più una cultura…magari ce l’aveva 5.000 anni fa, ma adesso proprio no…."

Mi
chiedo, in che senso da quando siamo arrivati noi la Cina è cambiata?
Nel senso, pensi che sia cambiata per la tua presenza qui? Perchè c’è
una società in più Italiana che concorre al cambiamento della Cina? Ma
poi diciamoci la verità che vuol dire La Cina, mi parli di tutta ma
proprio tutta la Cina, continente gigantesco che grazie a te, piccolo
pallino bianco nella marea di pallini bianchi, sta cambiando? Affermi
che la presenza straniera sia un efficacie stimolo per una
internazionalizzazione, o che tu sei il fautore del cambiamento della
Cina? No, perchè è molto differente. Il discorso a parte le polemiche è
serio: in Cina ci sono stranieri che sono staccati da quella che è la
realtà sociale. Aprono bocca ma non conoscono, urlano contro qualcosa
che non comprendono, per me per pura paura dell’altro, per pura isteria
del non riuscire a leggere nella logica altrui. Di conseguenza ecco qui
i nuovi colonizzatori, o forse i più fortunati (per me sfigati)
stranieri che non hanno mai preso un autobus nella loro vita cinese,
che leggono Rampini e che blaterano parole di astio. La reazione
istintiva è: ma perchè non ritorni nella bella Italia? Che cosa ti
ferma ancora qui? Profitto economico a basso costo? Società aperte e
tasse non pagate al paese ospitante? Non riesco proprio a concepire il
vivere in un’altro paese e chiudersi nei propri castelli fatti di cibi
europei. No, perchè lo sottolineo in Cina adesso lo straniero può
vivere ovunque, entrare e uscire e conoscere. Ma la maggior parte onn
lo fa, si chiude nel magico fortino.

La seconda
domanda. Bhe, questa fa proprio male al cuore. Le definizioni di
cultura sono molte e io non sono nè un’antropologa nè una sociologa, ma
non è facile arrivare alla sensazione che una cultura sia ciò che è
stato ed è diventato patrimonio di un gruppo sociale, quindi le
credenze, i valori e perchè no, anche tutto ciò che è materiale che
caratterizza il gruppo in questione e che è stato portato avanti nel
corso dei secoli. Bhe, cazzo, si può affermare che tutto questo non ci
sia in Cina? O forse non c’è ciò a cui tu, piccolo pallino bianco, sei
abituato? Forse c’è qualcosa che è "altro" rispetto a quello che
appartiene alla tua mente. Chi mi da della relativista non ha colto il
punto. Il punto è che dopo secoli di colonozzazione, ancora adesso
l’attegiamento permane. Noi piccoli pallini bianchi= cultura, loro= no
cultura. Mi chiedo ma sarà lo sbaglio delle nostre maestre delle
elementari che ancora dipingono Colombo come il più grande degli
esploratori e non come un mero conquistatore crudele alla mercè del
patronato spagnolo e del cristianesimo. Perchè essere esploratore vuol
dire avere della curiosità nel vedere quello che è diverso e non
tagliare la lingua agli indigeni e devastare ciò che si incontra.
Questo con l’esplorare non c’entra proprio nulla. Il nostro cazzo di
eurocentrismo avrà fine? Continuiamo così forse non solo per colpa
delle maestre delle elementari o dei libri di testo, ma per un sempre
più cocente senso di destabilizzazione. L’asse economico si sposta, si
parla di India di Cina, di Irak di Iran, e noi piccoli pallini bianchi,
noi che eravamo un tempo sui giornali per il Rinascimento, per
Garibaldi, per Cavour e anche per la dolce vita, per Mastroianni e per
la Magnani. Adesso non c’è più nulla di tutto ciò, solo piccoli
minuscoli pallini bianchi.

 

La mia personale Chunjie. parte seconda.

Monday, February 18th, 2008

Il babbo di Maidian. Ex guardia rossa, contadino da una vita. Le sue quattro regole di vita: 1. Non fumare, 2. Non bere, 3. Non mangiare interiora di animali, 4. Non far preoccupare gli altri.

La mamma di Maidian.  

Il cugino, rimorchierà di brutto tra un po’ di anni. 

Il nonno. Nato nel 1915, vorrei avere solo metà dalla sua parlantina. 

Meimei, studente del primo anno di ingegneria ambientale.  

La mia personale Chunjie

Monday, February 18th, 2008

La casa: Hougang. Frazione di Jinmen. 

 

La cuginetta ride, mentre dietro un’intensa partita di Majiang 

   

Maidian, appena sveglio. Coperto da almeno 3 piumoni. 

Altra cuginetta, un po’ più schiva della prima.  

La casa da davanti. Peccato che non sia maggio. 

Prati coltivati, ovunque in tutte le direzioni. 

Spighe di grano.  

 

 

Il Menù

Sunday, February 3rd, 2008

C’è un piccolo hutong accanto alla stazione della metro e a pochi metri andando verso l’interno c’è un ristorantino. Il mio (nostro) ristorantino, dove in principio facevano solo Jiaozi 饺子, ora, invece  stanno ampliando il menù e così, tanti bei piatti di cucina cinese, sorvolano i tavoli arancioni e le mani dei clienti.

I jiaozi per chi non ne fosse a conoscenza sono i cosidetti in italiano ravioli al vapore. A volte sono al vapore, ma altre volte sono bolliti in acqua. L’interno dei jiaozi deve essere bello abbondante e la pasta fuori molto fina per esssere considerato un buon jiaozi. Ripieni di maiale e cavoli, vitello e funghi, melanzane e agnello, per chi mangia carne, per i vegetariani invece c’è il ripieno di jiucai e uovo, pomodoro e uovo, sedano e funghi, insomma le combinazioni sono tante e ottime. Il raviolo, va bagnato un po’ nell’aceto, chi vuole aggiunge un po’ di soya e peperoncino. Il ristorantino di prima cerca di fare qualcosa di diverso, ed ecco i jiaozi ripieni alla banana e cioccolato. Personalmente non amante dei sapori dolci ho guardato il nuovo arrivato con sospetto, buono invece per chi sa apprezzare il cioccolato.

 

Ora sono alle prese con il loro menù, essendo cliente affezionata, mi hanno chiesto il piacere di rivedere la versione inglese. Ieri giornata di calma e divano, computer alla mano, ho cominciato la traduzione.

* Prima cosa ho constatato di nuovo che le figure risolvono molto. Vai a capire se non sei cinese che cosa significa la parola lapi 拉皮 e inceve se digiti su baidu.com (un sistema di ricerca cinese) lapi+ fotografia, ecco che gli occhi dicnono tutto. E’ della pasta lunga gelatinosa. Ieri ho passato gran parte della giornata a vedere foto di piatti cinesi e renderli in inglese con un minimo di decenza. Il menù precedente è da sbellicarsi dalle risate, ci sono le "melanzane bruciate" al posto di melanzane arrosto o anche "wood to be meat" invece di "meat with assorted mushrooms" e davvero molte altre mini incompresioni tra questo mondo culinario ed quell’altro fatto di forchetta e coltelli. 

* Una seconda cose che mi è venuta ieri in mente, che sebbene noi italiani abbiamo una cucina molto diversa da quella cinese, sia per gli ingredienti che utilizziamo sia per il medo di cucinare, noi lenti loro velocissimi a fuoco alto, ci sono delle simpatiche cose in comune. Queste coincidenze sono quelle che derivano dalla cucina cosidetta povera: sia qui che in italia troviamo le verdure ripassate, il lesso di carne con verdure e gli spaghetti in brodo. Sicuramente quello che di più abbiamo in comune è la varietà di pietanze innumerevoli e di ottimo gusto per chi è di buona forchetta. Come noi dal nord a sud, anche in Cina ci sono piatti tipici e diversi, il piccante giù dove fa caldo e il brodo nel freddo nord, che sia del Dongbei o del Friuli Venezia Giulia.

Un appello a chi è in Italia: non vi fate ingannare dai sapori dei ristoranti cinesi (parlo di Roma con  coscienza), messi su in fretta e furia da tipi del zhejiang, noti non per le loro doti culinarie.