Bucato al sole

E’ imprevedibile conoscere quell’istante. Catapultati nel ripido tunnel della memoria, nel vortice a spirale che vorremmo assecondare e farsi’ che, scivolando scivolando, vedessimo ancora quello che e’ gia’ avvenuto. Ritrovarsi nella stessa circostanza, tra nubi nere e cielo azzuro, mentre le robuste goccie torturavano le foglie che invece, sopportavano tutto. La corsa verso la casa di legno e le dita dei piedi nella sabbia, fino alle lenzuola. Immersa di nuovo in quell’odore. Diversi i vestiti, diverse le mani. E diversa l’aspettativa per il futuro.

Invece, il suono dall’esterno trasporta di nuovo tutto in superficie, il vortice al contrario, e via. L’altoparlante con la gracchiante voce ripetitiva rimane, ed attorno anche i volti delle persone, riprendono a parlare, attorno vendono libri, i banchi della fiera richiamano i clienti, che si avvicinano. Mais, te’, fumetti colorati, cataloghi pop art e vecchie calligrafie.

Era stato un silenzio, un frammento temporale che cercava di avanzare e vincere la lotta con il presente.  Nel suo piccolo, il suo effimero spazio l’ha avuto,  ma alla fine, cio’ che rimane e’ il costante ora che afferra tutto e non mola la presa.

In attesa ancora della vitale imprevidibilita’: sono i sensi che toccano qualcosa di perso, da qualche parte, tra la mente e il cuore.

 

“Pensi di andare fuori citta’? (non dire di no o che non c’e’ scelta)”

“E’ arrivato mio figlio, sto con lui finche’ e’ qui, tu come stai?”

 

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