Il giuramento
E’ che un giorno a nove anni mi sono detta, non ti dimenticare mai chi sei e cosa stai pensando adesso.
Ero in balcone, avevo smesso di piangere e la forte convinzione che i cambiamenti del tempo mi avrebbero fatto diventare qualcun’altro mi ha imposto la sentenza di quel giorno. Solenne. Quel giorno non trovavo quello che stavo cercando, non trovavo il pennarello blu, l’unico che poteva completare una delle tante serie di cieli che disegnavo. I personaggi che contornavano il cielo, erano alberi uccelli, un cane seduto e una bambina che guardava davanti a se’. Minuziosamente cercavo di far rientrare tutto nelle linee appena disegnate a matita, i colori pasticciati mi hanno sempre infastidito. Quindi l’opera poteva essere completata solo con il blu. Ma il blu non si trovava, l’ho cercato ovunque, scatole e scatoloni per terra, astucci e cartelle, ma nulla. Quello che c’era nei cassetti era sparso ovunque, e nella mia camera c’erano ben sette cassetti. I rumori dalla mia camera avevano sempre piu’ il sapore di terremoto ma dall’altra parte della casa ancora non si sentivano i passi, che sapevo sarebbero arrivati di li’ a poco. Continuavo nella mia ricerca imperterrita. Una cater pillar del pennarello. Sapevo che non mi potevo accontentare di fare il cielo di un’altro colore, sapevo che non era possibile, nonostante vedevo e disegnavo cieli diversi, la fantasia non mi mancava. In quel momento, pero’, quello cercavo era l’unica cosa che potessere riempire quello spazio nel foglio. Non c’era altro colore che lo avrebbe potuto sostituire.
Ecco i passi, vicini. Il disordine combinato mi sembrava impossibile da nascondere in tre secondi. Decisi di far finta di nulla e continuare nella mia ricerca. La porta aperta all’improvviso, era la solita voce, che ripeteva le solite parole, le solite mani che con fare di chi sa dare giudizi puntavano gli indici sulla stanza e sul pavimento. Pensavo come fosse inconcepibile non capire l’esigenza del disordine procurato, per far si’ che il bianco si tingesse di blu. Le lacrime che cominciavano a scendere dagli occhi erano solo per la rabbia nel non riuscire a completare quello per cui mi ero impegnata fino a quel momento.
Mi sono seduta in balcone, del pennarello neanche l’ombra. Quello che pensavo era me stessa, forse la prima volta che coscientemente riflettevo sulle mie azioni e su quello che mi aveva spinto a mettere sotto sopra qualunque cosa alle mie spalle. Il bello che non c’era nulla di male, assolutamente nulla di male, l’avrei rifatto mille volte.
E’ per questo che giurai solennemente di non dimenticarmi chi ero e a cosa stessi pensando.