Partenza e ritorno

Sono tornata in Cina, a Pechino nuovamente, stessa casa ma altre prospettive. Tante e avvincenti.

Oltre
a camminare in quei vicoli che ho visto estivi, afosi, a pancia
scoperta e sandali neri, ho lasciato l’Italia. Lo dico, un po’
sommessamente, non a malincuore.

Roma, parlo di
Roma, perchè è da lì che provengo e da lì che mi voglio allontanare, o
forse starne solo lontana. Roma sta andando sempre più vicina al
degrado. L’ho visto e annusato nella metropolitana della capitale che
invece di essere un mezzo di trasporto comodo è un tunnel che tutti
sperano finisca presto, per ritornare alla luce del giorno, del cielo,
che per fortuna rimane blu. Il degrado lo si nota nei capelli delle
vecchiette che continuano a tingersi, lottando incessantemente contro
gli anni che passano, nei vestiti attillati, bianchi delle 35enni che
trascorrono ore in palestra per rassodare il rassodabile. 

Le
chiacchiere da bar, trasvolano tra il superenalotto e il suo premio che
potrebbe far finalmente "svoltare" l’italiano di turno. Ancora
pettegolezzi sull’ultima puntata del reality show iniziato da poco,
ascolto, si parla anche di questo al bar sotto casa, dei nuovi termini
entrati nel dizionario italiano. 

Questi termini io non li conoscevo: tronista e cinepanettone.

Mai
usati, non sono anziana, non mi tingo i capelli, ci dovrei arrivare, Il
secondo non mi inganna, il film (di merda) di Natale, che seppur di
merda vanno a vedere tanti milioni, cazzo milioni di italiani. Il primo
termine un bel punto interrogativo. Ha a che fare con il trono, penso e
mi informo dalla tipa accanto. Sessanta anni suonati, rossetto rosso e
gongolante nel poter spiegare qualcosa alla biondina accanto.

La risposta-domanda mi spiazza.

"Bhe,
non hai presente Uomini e Donne della Defilippi?" Io incredula, nè
annuisco, nè smentisco. Continua nella felice descrizione degli uomini
sul trono che aspettano solo di scegliere la donna che più li aggrada.
Il fastidio genera mutismo, finisco l’epresso sopra al bancone dico
arrivederci al barista, pago e esco a testa bassa.

Non
è il cambiamento politico attuale, non è solo quello. Non so dove sia
il problema, dove sia il mio rifiuto nell’accostarmi. In Ialia manca
eleganza, c’è elitarismo e poco accoglienza verso il prossimo. Fretta
di fregare l’atro, perchè bene o male si sa che prima o poi si verrà
gabbati.

Questo avviene ovunque, in luoghi belli
e familiari, Trastevere sembra sia diventata una pagliacciata di scarpe
con il tacco e menù turistici. Vacci di giorno, mi raccomando mi dice
C. altrimenti di sera è davvero pesante. San Lorenzo: ragazzi dai 22 ai
32 anni, stravaccati per terra bottiglie rotte ovunque, non faccio la
schizzinosa ho bevuto tante birre sui gradini di ogniqualdove, ma lì,
nella mia città, quella sera, mancava totalmente il rispetto per
l’ambiente circostante. Il Pigneto, nice one, ma ecco qui che arriva
l’essere elitario e di nuovo, distante dal resto, dall’umanità che
prima lo viveva.

Parlo con un po’ di persone. M.
mi illumina, il problema dice, "E’ che ogni italiano è mafioso, la
mafia la vive ognuno giornalmente e la riporta nelle relazioni e nei
vissuti passati e futuri, se questo smettesse di accadere, l’Italia
sarebbe un posto in cui vivere. Ma non è così, fai bene a partire."

L’idea
che ogni italiano è mafioso, va oltre, ma spesso estremizzare fa
riflettere. M. parlava di gesti quotidiani, dal parcheggio selvaggio
della macchina, dal tentare in tutti i modi di evadere le tasse, nella
ricerca asfissiante di evitare la burocrazia, nella diffidenza nel
camminare la sera per le strade.

Non so.  

Ora mi continuo a godere l’umanità cinese, che piano piano si copre di giacche e guanti.

9 Responses to “Partenza e ritorno”

  1. milla Says:

    è triste, ma si. fai bene a partire.

    ti invidio, pure.

  2. tro Says:

    ma che te frega scusa delle vecchine che si tingono i capelli
    sarebbe questo il degrado?
    quanti anni hai? venti e qualcosa?
    io sono una vecchina di 42 anni che si tinge i capelli, e allora?
    voi e la Cina state iniziando a stressare, manco fosse il paradiso sto posto, e forse è che sei in un paese che non è il tuo e tutto ti sembra figo

  3. De Says:

    @tro.
    Degrado e vecchine che si tingono i capelli in effetti sono due parole che razionalmente hanno poco a che vedere, ma per me, con i miei occhi, con le mie aspettative sul mio ipotetico mondo circostante si possono associare. Mi infastidisce vedermi immersa in bocche rifatte, capelli tinti, rossetti appariscenti. La vecchiaia è una merda, ne parlavo proprio con un vecchino e arrivarci è comunque una fortuna, consapevoli della propria strada fatta fino a quel momento, senza pretendere di essere cosa non si è più. Non avere questa onestà-maturità-rassegnazione e la massificazione di tutto questo genera degrado, genera una società immatura.
    Per quanto riguarda la Cina: sono consapevole che la Cina non sia un paradiso, ha problemi enormi e di difficile risoluzione in tempi brevi. Il fatto che vivo qui è una scelta, non dovuta dalla fascinazione del neofita, che direi è ben terminata da tempo, ma da altro. Da prospettive che si vedono piano piano concretizzare, ciò che in Italia non avviene, dal vedere questa società in movimento, giovane e attiva. Questo è solo uno degli innumerevoli motivi che mi spingono a rimanere.
    Senti, ma perchè non ci fai un salto? Prendilo come un invito:)

  4. tro Says:

    Un invito a Pechino?
    Per carità!
    Con tutto il rispetto ma gli inviti a fare un salto in Cina mi portano sfiga..
    Ho viaggiato così poco, di fatto, con la mente invece ho viaggiato quanto basta, ma se devo spendere quei quattro soldi che mi restano, per pagarmi un biglietto aereo, punto per il cento/sud America.

    Per il resto, mi sembra che stai facendo un calderone tra strizza per la vecchiaia e società immagine.
    ma forse ne parlerò meglio sul mio blog, ora mi aspettano banali e italianissime responsabilità di vecchia 42 che si deve occupare di giovanissima figlia 19 enne.
    ah, sul mio blog ti ho chiamata scema.
    Scusami, sono molto istintiva, è un epiteto affettivo, sull’onda del trasporto sentimentale che mi ha casusato il tuo scritto.
    Rettifico, dai. Solo scemina 🙂

  5. Nonno Loko Says:

    Ah, finalmente un po’ di buon vecchio e sano conflitto generazionale, motore del progresso !

    Stronca la sbarbina Tro e dille che non capisce una fava : tanto lei farà lo stesso con te. Insieme contribuirete ad un futuro migliore per i vostri o altrui figli (che, giustamente, vi manderanno a loro volta a pettinare le acciughe)

  6. Kuang Biye Says:

    In Italia non si starebbe neanche male, non fosse che capiamo l’italiano 🙂

    L’ultima volta mi è piaciuto, ma non sopporto la gente che si lamenta. Qua è pieno di gente che sta peggio ma affronta la vita col sorriso e sbattendosi, e sperando in un futuro migliore. Saranno luoghi comuni, ma i cinesi vedono le opportunità piuttosto che gli ostacoli. Non credo sia una differenza culturale atavica, forse è solo dettata dalle differenti condizioni socio-economiche…

    Fatto sta che qui c’è aria positiva, nonostante la censura, nonostante il latte con la melamina, nonostante i mille problemi, la gente va avanti e lo sa… e in Italia? Ci si lamenta e si spera in un futuro migliore, in un posto fisso, in un biglietto della lotteria, in una botta di culo che ci risolverà i problemi senza faticare. Ecco, questi sono gli italiani del 2008.

    La differenza, per come la vedo io, è tutta qui.

    Bentornata a Pechino, comunque 🙂

  7. Stefano Says:

    Ci fosse un superenalotto stra-milionario anche in Cina state tranquilli che se ne parlerebbe eccome a Pechino e ne parlerebbero anche i sinologi che amano fare i duri e puri.
    Avete presente American idol o come diavolo si chiama?Alla finale dell’edizione cinese del 2005 i cinesi avevano riempito TUTTO lo stadio dei lavoratori…80000 giovani a fare la fila per sentire degli adolescenti stonati che cantano i loro patemi d’amore(che qua in Cina fa sempre rima con cuore).
    Fosse successo in Italia a voglia a sentire i criticoni a punare il dito sui giovani che non leggono,non si informano,NON HANNO VALORI ecc…
    E invece e’successo a Pechino,la nostra Pechino,ma nessuno ha detto niente ne’parlato di voglia di fuga,la fuga da questa societa’piatta e che non offre nulla(che palle,sempre i soliti discorsi devo sentire da questi italiani all’estero…ormai loro sono in loop continuo).
    Curiosita’:li sentite i cinesi quando parlano al bar(pardon,starbuck)?Se non capite il cinese amen,ma se lo capite un poco noterete che non parlano certo di Locke o della 5ta sinfonia di Beethoven…
    Per il resto concordo con quanto detto da un utente sopra:i cinesi non si lamentano a prescindere ma sorridono e tirano avanti rimboccandosi le maniche.

  8. feili Says:

    l’italia De, e quello che dici sicuramente. E’ immobilismo, pessimismo, depressione, lamentele ma anche molto altro.
    C’è anche tanta gente che sta bene, che vive una vita semplice o che si tinge i capelli solo per il piacere di farlo.
    Per fortuna poi nonostante tutta la confusione che i media riescono a generare, c’è anche gente che si muove e nuove generazioni molto attive:)
    a presto
    baci
    http://xl.repubblica.it/dettaglio/74436

  9. g Says:

    Un blog è uno spazio che ha molto di personale. Quanto scritto rappresenta le opinioni del momento, e mai si azzerderebbe ad escogitar teorie o, più semplicemente, congetture di più o meno pressante autorità su occasionali lettori. Ogni opinione si presterà certo alle critiche di chi legge, e saranno queste critiche a testare la validità di quanto scritto in prima istanza. In altre parole, scrivere e far leggere quanto scritto già gode del semplice mettersi in discussione, e questo è quanto più vale, più della stessa intenzione di scrivere. Queste prime righe per dire quanto inutile sia attaccare le proprie letture a modo di TRO: attaccare facendo della propria opposizione uno show non porta a nulla.

    I fantasmi del degrado sociale e le vecchine sono due cose che apparentemente potrebbero avere nulla a che vedere gli uni con le altre: sotto un’altra luce però, le due cose suggeriscono sterilità. Il degrado sociale altro non é che la mancanza di crescita politica, economica e culturale, niente di più assimilabile ad una vecchia sterile, incapace di naturali fortune che non siano quelle graziate dal caso di una lotteria. Sterilità è attesa, inutile attesa. Agli occhi di alcuni, compresi i miei, l’Italia è un paese in attesa, stivale senza il conio d’un nuovo passo, fermo perchè stanco di claudicare.

    Dei commenti letti, due cose però trovo riduttive. La prima è la soddisfatta rassegnazione al pensiero che “ogni italiano è mafioso”. Non credo sia un’affermazione legittima per il semplice fatto che non si può equiparare il delitto a chi il delitto lo compie. Varie sono le ragioni alla base di ogni azione e comportamento, siano essi brillanti di virtù (virtù in ogni caso codificate dal valore dell’effetto delle proprie azioni sul circostante e sull’altro) o macchiati di qualsiasi delitto (mancando la percezione dello stesso valore), ma non per questo bisognerebbe ridurre il degrado di una comunità ad un peccato originale. Si tratta d’esser lasciati soli, non è colpa dell’attitudine mafiosa della gente comune esasperata da un’esistenza materialmente precaria. La gente semplicemente si aggrega, convive, e laddove manca un’organizzazione positiva (diciamo lo Stato nella sua natura ideale, un’organizzazione che dia a tutti le stesse possibilità di crescita e di scelta – i.e. le politiche dei servizi) si installa un’organizzazione negativa, basata su dinamiche bestialmente gerarchiche. Eppur d’organizzazioni si tratta. E’ un problema di volontà politica e di riconoscimento, che certo questo intervento si limita a mettere sul piatto della discussione, senza la presunzione d’aver risposta a riguardo. Feili ha ragione a dire che in italia c’è gente che si muove e generazioni molto attive, il problema sta nel determinare quale riscontro questi movimenti abbiano nella società, quale riconoscimento?

    La seconda affermazione a mio dire riduttiva è quella riferita alla Cina come il “Paese che non è manco il tuo!” Non si tratta qui d’esaltare la Cina piuttosto che l’Italia. Anche qui è un problema di riconscimento: ognuno di noi vale più laddove i nostri sforzi vengono attivamente riconosciuti, ché la patria d’ognuno è la sua mano.