Lutto e-o nazionalismo (alla cinese)
Tornavo da fuori Pechino erano le 14.28 del 19 maggio. L’autobus non pieno, seduta in attesa che scattasse il semaforo verde, in cerca di una doccia a casa.
Tutto si ferma, tre minuti silenzio, i tre giorni di lutto decisi dal governo in commemorazione dei morti del terremoto del Sichuan, avvenuto precisamente una settimana prima, ha inizio. Tre minuti di gelo e poi infinito caos.
Io mi metto le mani nei capelli, in cerca di silenzio, alla ricerca di quei tre minuti, poi mi guardo attorno e tutti tutti gli automobilisti con le mani sui clacson. Autobus, automobili, moto, motorini tutti insime in uno stordimento e un urlo infinito, per ricordare insieme a distanza le persone morte e per lanciare un segnale di incitamento a chi ha perso familiari, casa, scuole, per chi si e’ visto crollare tutto addosso. Un modo per stringersi insieme a chi e’ lontano.
Onestamente mi ha stupito questo forte modo di esprimere il dolore. Urlare dovrebbe essere naturale quando si soffre ma vedere una nazione intera stringersi con tanto fervore non mi era mai capitato.
Lo strano nazionalismo cinese, fa anche questo, ma sentirsi cittadini e connazionali, uniti dalla storia della propria nazione e per questo uniti nella sofferenza della stessa e’ per natura qualcosa che evade il mio modo di essere. Sono nata dopo le la seconda guerra mondiale, dopo che le lotte per l’indipandenza erano state gia’ fatte, forse da uomini ben piu’ coraggiosi di me, che incarnavano ideali che sono ormai lontani. Adesso in quello che e’ il mio mondo, anche in quello intimo ci sono differenze e non simboli, c’e’ una ricchezza data da un essere plurimo.
Per questo sempre piu’ stupita mi sono ritrovata di fronte la televisione con sguardo sorpreso e diro’ anche commosso, nel constatare la forza di questa gente che brandiva bandiere rosse.
Non credo nel nazionalismo di oggi, ne’ nella forza delle singole nazioni, credo nel rispetto delle differenze in modo cosi’ ingenuo da farmi arrossire troppe volte. Giuro che non so nanche io come faccio a continuare a pensare cosi’…
Credo che le differenze siano ricchezza che non possono generare paura, credo la paura sia fondata sull’ignoranza e riesce a prosparare solo attraverso la scarsa conoscenza sia dell’altro che di se stesso.
Ma tutto quello che ha fatto radunare a piazza Tiananmen migliaia di persone con le mani alzate e gridare "Coraggio, coraggio, forza, forza" che cos’e’? Un modo di sentirsi uniti con i propri connazionali? Puo’ essere identificato come l’altra faccia di un nuovo nazionalismo alla cinese? O va visto solo come una forma come le altre di lutto, di pianto e di commozione per una catastrofe?