Sambasia a Beijing

June 14th, 2008 by yilian

Una cosa davvero figa a Pechino è vedere dal vivo una performance dei Sambasia.

Intanto sottolineo dal vivo, perchè non è comperando un cd che se ne fa esperienza. Vanno ascoltati e soprattutto ballati.

Un gruppo di persone, assolutamente multietnico che fonde sonorità brasiliane, canto e ballo. Sono tanti, c’è chi canta di fronte, non hanno voci melodiose, non rimangono nella testa per i suoni ma è il solo ritmo dato da tutte le varie percussioni che rimane. Sono tanti e differenti ragazzi e raggazze, asiatici, non asiatici. 

Stasera hanno suonato al Jingjinjiu, piccolo bar nella più bella piazza della città. posto troppo piccolo, il pubblico, compresa la sottoscritta onn ha mai smesso di muovere il sedere.

Non sono una fan del Brasile, nè della Capoeira, sono un po’ più introversa, cerco società diverse in cui risiedere. Ma loro mi hanno conquistato.

Auricularia Auricula (judae) o 木耳

June 13th, 2008 by yilian

In Cina terra contadina, i cinesi sanno apprezzare i frutti della loro terra.

Verdure e frutta in quantita’ e ovviamente anche funghi. Molti sono facilmente reperibili anche in Europa, i porcini dello Yunnan meritano di essere utilizzati per delle ottime fettuccine. Oltre a quelli piu’ conosciuti ci sono anche degli strani (apparentemente) funghi che sono fatti a forma di orecchie, possono essere di colore scuro o bianchi trasparenti, quelli scuri vengono di solito utilizzati per pietanze salate, al contrario quelli di colore chiaro sono ottimi per zuppe dolci.

La denominazione latina del tal fungo e’ Auricularia Auricula-Judae. 

La leggenda racconta che dall’albero su cui si impicco Giuda Iscariota dopo aver tradito Cristo, cominciarono a sorgere questi strani funghi di forma inconfondibile, per questo vengono detti Auricularia, ossia che hanno un rapporto o che appartengono all’orecchio. Data la loro presenza sul tronco o sui rami degli alberi vengono anche chiamati orecchie d’albero o Orecchie di Giuda

Qual’e’ il nome cinese del fungo in questione?  木耳 mu er. Orecchio dell’albero, in inglese Tree ears.

Mi chiedo. Chi e’ nato prima l’uovo o la gallina? Il nome cinese ha una strana coincidenza con il nome latino, solo a causa della forma assolutamente inconfondibile, oppure sotto l’etimologia c’e’ qualche cosa di piu’? Da quanto tempo i Mu Er si chiamano Mu Er? O da quanto tempo gli Auricularia si chiamano Auricularia? Chi ha influenzato chi?

Per i linguisti e i filologi alla ricerca di storie nel passato, cerco risposte.

Outsiders

June 11th, 2008 by yilian

Scorro la repubblica on line, passo al corriere e alla fine spero che Sisci abbia scritto qualcosa di interessante sulla stampa.  C’e’ un nuovo articolo dal titolo imponente "studiare e’ glorioso". Lo leggo con attenzione, annuendo.

Il gaokao 高考 e’ l’esame che cambiera’ la vita dei 18enni, studio senza sosta per un’ammissione a quella che sara’ la prestigiosa universita’ che potra’ cambiare il futuro, potra’ dare prestigio alla famiglia e molto probabilmente una sicurezza economica (e non) a genitori iper protettivi.

Questo comporta un’abitudine essere curvi sui libri, un’abitudine a passare ore e ore da quando si e’ bimbi, ripetendo in maniera estenuante caratteri e nozioni. Comporta non pensare, immagazinare informazioni, tapparsi il naso in quel momento della vita, l’adolescenza, che per quanto mi e’ riguardato e’ stato il momento della continua polemica contro tutto (o niente). Qualcuno direbbe contro i mulini a vento. Un periodo, pero’, che forma il pesiero critico per cio’ che c’e’ attorno e per formare l’autonomia della scelta. Nel mio "momento" mi sono spesso ritrovata a concerti hardcore a notte fonda, ad organizzare una saletta con chitarre basso e batteria, i pomeriggi spesi a cercare vinili o cd, per non parlare di quelli a casa su divani altrui persi in teorie e filosofeggiamenti. Non cambierei tutto cio’ con null’altro.

Ho vissuto con due ragazze cinesi per un tot di tempo, l’anno scorso a wuhan. La loro vita da studentesse di lingua era: mattina univerista’ lezione, pomeriggio universita’ lezione, sera studio a casa. Senza via di scampo. La madre ogni tanto accorreva per cucinare e pulire, perche’ i piccoli tesori di 23 anni erano troppo impegnate a studiare e nulla potevano fare, neanche farsi da mangiare da sole. Ho resisitito 3 mesi e sono andata via. 

I cinesi, i ragazzi non sono tutti cosi’, c’e’ chi si oppone, c’e’ chi non ce la fa a far parte di questo tipo di sistema, chi non riesce a mettere da parte se stesso in funzione della "cultura" istituzionalizzata, fatta di test a ripetizione e nozioni. Chi preferisce altro a quello che viene imposto da secoli. Chi sono questi ragazzi? Per come e’ impostata la societa’ di adesso sembra che questi ragazzi, che da un’altra parte al mondo sarebbero proprio come tutti, ma proprio tutti i miei amici, sono degli outsiders, al limite del sociale, borderline oserei dire. Spesso non lavorano perche’ entrare anche nel mondo del lavoro, impone regole ferree di cui o ti adegui o ti adegui, un esempio? Straordinari non pagati e’ uso comune, competizione estrema in ufficio, vacanze zero. Non voglio giustificare chi gode nel far nulla, non e’ questo, ma ci sono persone in Cina, piene di altro che per ora difficilmente si adattano con la costruzione sociale che li avvolge. Non fuggono, non possono fuggire, clandestino in Europa, neanche morto, allora si rimane nella madre patria, magari ci si sposta nella capitale, per trovare altre opportunita’.

Non provo ne’ ammirazione ne’ altro per queste persone, mi sembrano solo cervelli e cuori sprecati.

Ma cambiera’ anche questo. 

Vietate le olimpiadi ai cani e ai cinesi

June 10th, 2008 by yilian

Mi è arrivata questa mail che in gran parte condivido:

«Vietate le Olimpiadi ai cani e ai cinesi»

Un’indegna campagna di demonizzazione della Repubblica Popolare
Cinese è in corso. A dirigerla e orchestrarla sono governi e organi di stampa
più che mai decisi ad avallare il martirio interminabile del popolo palestinese
e sempre pronti a scatenare e appoggiare guerre preventive come quella che in
Irak ha già comportato centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi.

Si agita la bandiera dell’indipendenza (talvolta camuffata da
«autonomia») del Tibet, ma se questo obbiettivo venisse conseguito, ecco che la
medesima parola d’ordine verrebbe lanciata anche per il Grande Tibet (un’area
tre volte più grande del Tibet propriamente detto) e poi per il Xinjiang, per la
Mongolia interna, per la Manciuria e per altre regioni ancora. La realtà è che,
nel suo folle progetto di dominio planetario, l’imperialismo mira a smembrare un
paese che da molti secoli si è costituito su una base multietnica e
multiculturale e che oggi vede convivere 56 etnie. Non a caso, a promuovere
questa Crociata non è certo il Terzo Mondo, che alla Cina guarda con simpatia e
ammirazione, ma l’Occidente che a partire dalle guerre dell’oppio ha precipitato
il grande paese asiatico nel sottosviluppo e in un’immane tragedia, dalla quale
un popolo che ammonta ad un quinto dell’umanità sta finalmente fuoriuscendo.

Sulla base di parole d’ordine analoghe a quelle oggi urlate
contro la Cina, si potrebbe promuovere lo smembramento di non pochi paesi
europei, quali l’Inghilterra, la Francia, la Spagna e soprattutto l’Italia, dove
non mancano i movimenti che rivendicano la «liberazione» e la secessione della
Padania.

L’Occidente che si atteggia a Santa Sede della religione dei
diritti umani non ha speso una sola parola sui pogrom anticinesi che il 14 marzo
a Lhasa sono costati la vita a civili innocenti compresi vecchi, donne e
bambini. Mentre proclama di essere alla testa della lotta contro il
fondamentalismo, l’Occidente trasfigura nel modo più grottesco il Tibet del
passato (fondato sulla teocrazia e sulla schiavitù e sul servaggio di massa) e
si prosterna dinanzi a un Dio-Re, impegnato a costituire uno Stato sulla base
della purezza etnica e religiosa (anche una moschea è stata assaltata a Lhasa),
annettendo a questo Stato territori che sono sì abitati da tibetani ma che non
sono mai stati amministrati da un Dalai Lama: è il progetto del Grande Tibet
fondamentalista caro a coloro che vogliono mettere in crisi il carattere
multietnico e multiculturale della Repubblica Popolare Cinese per poterla meglio
smembrare.


Alla fine dell’Ottocento, all’ingresso delle concessioni
occidentali in Cina era bene in vista il cartello: «Vietato l’ingresso ai cani e
ai cinesi». Questo cartello non è dileguato, ha solo subito qualche variante,
come dimostra la campagna per sabotare o sminuire in qualche modo le Olimpiadi
di Pechino: «Vietate le Olimpiadi ai cani e ai cinesi». La Crociata anticinese
in corso è in piena continuità con una lunga e infame tradizione imperialista e
razzista.

qui il link da dove è stata preso questo articolo 

In tutto quel fervore pro tibet mi sono spesso chiesta come non ci si fermasse un attimo davvero a riflettere a guardare le cose da più punti di vista. Amici dall’Italia mi confermavano la assoluta mancanza di contraddittorio, studiosi hanno affermato che the tibet passion è più un fenomeno sociale da dare in mano ai sociologi e non più ai nostri cari amici sinologi, spodestati anche questa volta dal poter fare il proprio lavoro, amara la sorte, ogni tanto.

 

 

 

 

Duan Wu Jie 端午节

June 6th, 2008 by yilian
Le feste nazionali sono state ufficialmente divise, sono state sparpagliate durante il corso dell’anno.
 
C’e’ chi vede questa decisione, da parte delle
alte sfere del governo, come un modo di tenere a freno la popolazione
durante le feste nazionali che fino ad ora si spostava da una regione
all’altra in massa, creando presupposti per disordini sociali.
Avendo solo tre giorni di ferie chi si azzarda a prendere un treno? Non ne vale proprio la pena.
C’e’ chi invece con mente piu’ ottimista vede da
parte del governo una scelta dettata dalla ricerca di far rivivere
all’interno della popolazione quelle feste tradizionali che erano fino
ad adesso state messe in secondo piano. Un modo per far rinascere del
sentimento nazionale, o meglio, spero non sia il solito nazionalismo
alla cinese, ma per far ricordare le leggende che sono dietro alle date,
i personaggi storici che sono dietro le leggende e i poemi che sono
stati scritti dai personaggi storici. Scatole cinesi.
 
La festa che ci sara’ questo weekend, prolungata
fino a lunedi’ e’ la Duan Wu Jie 端午节.
In questi giorni si mangiano i
zongzi 粽子, fagottini di foglie di canna farcito con riso, ripieno dolce
o salato. (meglio il salato). Ma che sono questi zongzi, che origine
hanno, la storia in breve e’ questa:
Nell’antico regno di Chu, l’attuale parte della
Cina meridionale che include Henan, Hubei, Hunan, Jiangsu, Qu Yuan 屈原,
letterato e consigliere del sovrano decide di metter fine alla propria
vita. Un fiume, il luogo dove scomparire, stanco di vedere il suo regno
soffocare dalla corruzione, depresso nel vedere cio’ a cui piu’ teneva
essere conquistato e annientato, decide di togliersi la vita. L’acqua
soffoca i polmoni.
Le persone che lo osservano dal bordo del fiume,
cercano di salvarlo dai pesci che piano piano lo stanno
aggredendo, lanciando dei bocconi di riso che possano distrarre le
bestie acquatiche. Questa l’origine dei zongzi, bocconi esca per pesci
o draghi che contribuirono alla morte del poeta-consigliere.
Riavvoltolando foglie di canna da zucchero ogni anno, si tenta
nuovamente di salvare il nostro caro Qu Yuan, che come ogni altro anno
morira’. 
 

 
La festa in inglese e’ anche detta Dragon Boat,
anche qui, le persone che cercarono di salvare Qu Yuan, narra la
leggenda non solo si limitarno a gettare esche per pescioni o draghi,
ma salirono su barche e cominciarono a battere i remi sulla superficie
dell’acqua, di nuovo per distrarre le bestiacce, o forse chissa’ anche
per cercare il corpo del saggio ormai perduto.
Quindi festa della barche del drago e dei zongzi risalgono a Qu Yuan.
 
Cosa risale a Qu Yuan? Il 离 骚 Li Sao.
Chi lo traduce con "incontro al dolore", a me non sembra la traduzione
piu’ adatta, comunque rimane una parte importante dell’antologia cinese
composto tra il quarto e terzo secolo a.c

Libri rossi

June 3rd, 2008 by yilian
Oltre a fare le cose nuove che faccio del tipo: mi improvviso dietro ad una scrivania al 23esimo piano di un palazzo, con fare deciso chiamo e metto in comunicazione mondi distanti cercando di attenuare le differenze, sorridendo un po’ per tutti e due le facce della stessa terra, oltre a tutto ciò che coinvolge la mia vita da pochissimo tempo, continuo a fare quello che facevo e che mi piace comunque fare: studiare.
Non sono mai stata una "tutto studio" e questo i miei proff del liceo lo sanno bene, pero’ mi piace curiosare dietro le facciate e il mondo dei caratteri cinesi è pieno di cose da scoprire. 
 
Tutto andrebbe bene se non fosse per i libri di testo, nel senso, non fanno tutti schifo, ma almeno quelli che ho avuto più sottomano in questo periodo hanno un dolce sapore di "caro piccolo occidentale, adesso ti mostro cos’è la cina millenaria", o per dirla come il marchese del grillo "io sò io e voi non siete un cazzo".
 
Che la Cina sia un paese con una lunga storia è fuor di dubbio, che sia una società complessa anche, che la sua lingua sia una delle lingue più difficili al mondo anche, ma allora cinesi miei, o comunque autori di questi libri di testo per stranieri, per piacere siate più umili, più modesti. Alcuni di questi testi venivano scritti negli anni 90 e raccontano di eventi ormai obsoleti che anche alcuni insegnanti si rifiutano di approfondire, manca fortunatamente l’appellativo Tongzhi, 同志 ossia "compagno" una delle prime parole studiate in Cina 7 anni fa, faccio notare che l’insegnante dell’epoca, una 25enne in gamba, mi suggerì, "sebbene su questo libro ci siano scritte tante parole, mi raccomando questa qui non la usare, adesso nel 2001 nessuno più si chiama "compagno" per strada". 
Sebbene termini così evidenti vengono con classe epurate dai libri di testo per noi musi dal naso lungo, ciò che non manca quasi mai è quel pizzico di propaganda comunista, che a leggerla fa anche un po’ piacere, quello che mi infastidisce alla lunga però è trovare  commenti sul mondo occidentale come fosse un tutt’uno immutabile, come se noi musi bianchi in fondo siamo solo dei barbari incapaci, difficilmente riusciremmo a capire un mondo tanto raffinato come il magico mondo cinese. 
 
Quindi, tutta questa pomposità mi sa da bulletto preso dall’ansia di prestazione, o da un senso di inferiorità radicato, più forse in quegli ambienti fatti di dizionari e polvere che nella vita quotidiana.
 
中国万岁!! 
 
Insomma  

Canzone (mattina, sole e aria)

May 30th, 2008 by yilian

C’e’ una canzone il cui testo
merita di essere scritto:

我用我的眼睛看,看不清世事的无常 

我用我的声音唱, 唱不出甜蜜的歌谣

我用我的记忆藏, 藏不住最初的模样

我用我的青春换, 换不会脆弱的理想

黑夜给了我黑色的眼睛, 我却用它寻找光明

梁颍 

e anche di essere tradotto

Uso i miei occhi per guardare e
non riesco a vedere l’impermanenza del mondo,

Uso la mia voce per cantare e non
riesco ad emettere il dolce suono,

Uso i miei ricordi per nascondere
e non riesco a celare il primo sguardo,

Uso la mia giovinezza per
ritornare e non riesco a recuperare i fragili ideali,

La
notte mi ha dato degli occhi neri, ma io li uso per cercare la luce.

Liang Ying 

 

Buona giornata. 

Tips for visa

May 25th, 2008 by yilian

 

Forse forse io ho risolto, il problema visto sembra avere una conclusione, ma continuo ad incrociare le dita, toccare ferro, qualsiasi tipo di scaramanzia…

Qui un articolo che potrebbe portare chiarezza 

Intanto sebbene la situazione sia complessa e poco chiara, continuo a sottolineare che quello che stiamo vivendo noi stranieri qui in Cina è nulla in confronto ai nostri omologhi in Italia, ossia non vorrei mai essere nei panni di un immigrato cinese in Italia. Dai racconti di amici cinesi residenti a Roma, file inimmaginabili in questura parecchie volte alla settimana, attese di ore dalla mattina presto, mazzette a questo e a quello, soldi tanti soldi. 

Noi, da qui, un po’ piu’ fortunati, continuamo a lamentarci, chiacchiere da salotto che sanno un po’ di borghese del 20esimo secolo. Malediciamo i cinesi per la confusione, ma chi fra di noi deve subire quello che un nigeriano o un filippino subisce in europa, magari non tutti, fortunatamente c’è anche chi se la passa bene, ma davvero noi immigrati in Cina non sappiamo nenache lontanamente che vuol dire essere un immigrato in occidente. Chi ringraziare? La fortuna, essere nata da quell’altra parte del mondo? Mah.

A presto. 

 

 

Candele a Gulou

May 22nd, 2008 by yilian

A Pechino quello che mancano sono le piazze, luoghi in cui fermarsi dove non si procede piu’ in bicicletta, ma si sta, si ozia e si fuma una o piu’ sigarette. Luoghi tondi con fontane annesse, spazi con gradinate, gran parte dell’europa rinascimentale e’ racchiusa nelle piazze e nelle piazzette. 

In Cina, no, in Cina non ci sono piazze, ci sono rotonde constriute da pochi anni, a Pechino c’e’ Tiananmen, che sebbene sia considerata la piazza d’eccellenza, dalle sensazioni che mi provoca mentre ci passo, e’ difficile per me considerarla una piazza vera e propria, troppo grande e dispersiva, e poi non ci si "sta" a piazza Tiananmen…

C’e’ una piccola eccezione che conferma la regola a Pechino, tra le due torri del tambuto e della campana, 鼓楼 c’e’ una piccola piazzetta, un piccolo spazio dove le persone del quartiere si riuniscono, dove i bimbetti giocano con voci acutissime, dove i ragazzi si siedono per terra e bevono birra, dove finalmente si  STA e ci si incontra. Quindi a tutti gli appuntamenti a gulou sono felice di andare, per sedermi sul gradino, per chiacchiere in liberta’. Di sera, forse, ha ancora un fascino maggiore, di giorno i turisti la popolano e i riscio’ del 2008 che portano a spasso i biondi americani sono tanti e troppo rumorosi, i pulmann la occupano, quindi il momento migliore per affacciarsi e’ sicuramente la sera: 

Ieri sera, cena con un’amica li’ nei dintorni e poi eccomi con 4 amici sul gradino a parlare.

Yangque e’ appena tornata da Chengdu 成都 con un peso dentro infinito, notte insonni in albergo al 15esimo piano con ancora le scosse di assestamento che non la lasciavano un minuto libera. Lei comincia a raccontare noi tre a guardarla senza aprire troppo bocca, semza riuscire a sentire profondamente quello che lei ha visto. Penso che alcune cose si’, si possono empatizzare, ma vedere con i propri occhi macerie, soccorsi, strade distrutte persone senza casa, pianti a dirotto senza riuscire a fare neanche una foto, perche’ non e’ il momento, e’ quache altra cosa. Vedere con i propri occhi e’ diverso. Ci vuole davvero coragggio per fotografare la distruzione, ci vuole freddezza per fermare in un’immagine un turbine di sensazioni di profonda tristezza. Quindi sentire dalla sua voce i racconti ci ha fatto ammutolire. Brividi nel nominare i bambini morti sotto le macerie, brividi nel nomirare quell’uomo a cui la telecamera ha tenuto l’obbiettivo puntato per riuscire a riprendere il savataggio, invece si e’ trasformato in una morte in diretta, l’obbiettivo ha filmato la morte di un uomo. Racconti che non si riuscivano a fermare, lei con il suo bisogno di sfogarsi, noi con sguardi bassi ascoltavamo.

Ad un certo momento nel lato piu’ lontano da noi della piazza, un gruppo di persone cominciano ad accendere molte candele, le dispongono e chiudono gli occhi, mani sul cuore, ancora il pensiero di tutti noi va a tutti gli uomini, donne e bambini morti nel terremoto. 

Lutto e-o nazionalismo (alla cinese)

May 21st, 2008 by yilian
Tornavo da fuori Pechino erano le 14.28 del 19 maggio. L’autobus non pieno, seduta in attesa che scattasse il semaforo verde, in cerca di una doccia a casa.
 
Tutto si ferma, tre minuti silenzio, i tre giorni di lutto decisi dal governo in commemorazione dei morti del terremoto del Sichuan, avvenuto precisamente una settimana prima, ha inizio. Tre minuti di gelo e poi infinito caos.
Io mi metto le mani nei capelli, in cerca di silenzio, alla ricerca di quei tre minuti, poi mi guardo attorno e tutti tutti gli automobilisti con le mani sui clacson. Autobus, automobili, moto, motorini tutti insime in uno stordimento e un urlo infinito, per ricordare insieme a distanza le persone morte e per lanciare un segnale di incitamento a chi ha perso familiari, casa, scuole, per chi si e’ visto crollare tutto addosso. Un modo per stringersi insieme a chi e’ lontano.
 
Onestamente mi ha stupito questo forte modo di esprimere il dolore. Urlare dovrebbe essere naturale quando si soffre ma vedere una nazione intera stringersi con tanto fervore non mi era mai capitato.
 
Lo strano nazionalismo cinese, fa anche questo, ma sentirsi cittadini e connazionali, uniti dalla storia della propria nazione e per questo uniti nella sofferenza della stessa e’ per natura qualcosa che evade il mio modo di essere. Sono nata dopo le la seconda guerra mondiale, dopo che le lotte per l’indipandenza erano state gia’ fatte, forse da uomini ben piu’ coraggiosi di me, che incarnavano ideali che sono ormai lontani. Adesso in quello che e’ il mio mondo, anche in quello intimo ci sono differenze e non simboli, c’e’ una ricchezza data da un essere plurimo.
Per questo sempre piu’ stupita mi sono ritrovata di fronte la televisione con sguardo sorpreso e diro’ anche commosso, nel constatare la forza di questa gente che brandiva bandiere rosse.
 
 
 
Non credo nel nazionalismo di oggi, ne’ nella forza delle singole nazioni, credo nel rispetto delle differenze in modo cosi’ ingenuo da farmi arrossire troppe volte. Giuro che non so nanche io come faccio a continuare a pensare cosi’…
Credo che le differenze siano ricchezza che non possono generare paura, credo la paura sia fondata sull’ignoranza e riesce a prosparare solo attraverso la scarsa conoscenza sia dell’altro che di se stesso.
 
Ma tutto quello che ha fatto radunare a piazza Tiananmen migliaia di persone con le mani alzate e gridare "Coraggio, coraggio, forza, forza" che cos’e’? Un modo di sentirsi uniti con i propri connazionali? Puo’ essere identificato come l’altra faccia di un nuovo nazionalismo alla cinese? O va visto solo come una forma come le altre di lutto, di pianto e di commozione per una catastrofe?