La stessa scelta

Mi spiegate perchè se erano tre le mani e le teste, la scelta è stata la stessa? Non solo la scelta è stata la stessa, anche il luogo dove questa è avvenuta: l’aereoporto di Fiumicino, la libreria dell’aereoporto, per essere precisi. Identico era il punto di arrivo dell’ennesimo viaggio, la direzione di volo, solo i tempi differivano. Il momento della scelta era diverso. (Ah, i tre si conosco, bene)

L. si accosta alla libreria dondolando, con passi lenti ma non distaccati. Ha il computer e una sciarpa viola, lana made in China. Supera il bar, dove cede alla tentazione di un cappuccino prima di partire. Lo beve e dondola ancora un po’ avanti e si spinge all’interno, riluttante? No, è così che funziona il suo passo. Nella sua testa ci sono immagini lasciate al Sud, vecchietti e vicoli bianchi. Mentre la luce al neon da fastidio, molto fastidio e abbassa losguardo, anche questo tipico di L. Decide di guardarsi intorno, passa subito al reparto CD e ritrova quello che ha già ascoltato nel corso dei suoi trentun’anni di vita. Gira lo sguardo e la mano va da sè, senza nemmeno pensarci troppo prende un libro, lo soppesa, il retro di copertina non la intriga, ma non lo lascia. Va alla cassa, paga e va al check in per Pechino.

M. non è facile smettere di parlare con la sua famiglia, lo seguono e lo accompagnano. Sono quattro e il tempo pre partenza è frastellato da raccomandazioni, sul viaggio, sulla permanenza, sui saluti alla futura moglie e un pensierino anche per figlio che verrà. M. li lascia fare, risponde quando salgono tutti sulla scala mobile. La libreria è ad un passo ed esige un momento solo per lui. Con abilità li asseconda per un dolce al bar, tortina al cioccolato. Loro ordinano, lui entra nella libreria. Mette gli auricolari, e lascia che un vecchio pezzo dei Fugazi suoni il suo incontro con il libro. Lo prende, indeciso anche lui, ma non lo molla. Sarà la copertina rosso carminio. Paga e raggiunge la sua tortina al cioccolato, ultima, prima del volo per Pechino.

D. Ha fatto una scelta inopportuna, viaggio con i tacchi, bassi ma sempre tacchi. I suoi passi risuonano sul lucido pavimento, alterati dalle voci dei suoi tre accompagnatori, che in fin dei conti sono la sua famiglia. Se ne rende conto sempre di più al momento della partenza, in quanto loro ci sono sempre. Sale sulla scala mobile, famiglia al seguito, passaggio al bar, lei non mangia, c’è ben poco da mangiare per chi vive di riso e mais. Lascia tutti al bar, si guarda intorno e vede tante persone distese, sulle poltrone. Loro non partono, abitano lì in aereoporto, dignitosi senza tetto. Si informa dalla commessa, la quale coferma, si vivono tutti qui, di notte, di giorno non sa bene dove vadano. L’immagine la turba e frettolosamente rimuove lo sguardo dalle coperte che raccolgono quegli uomini. Passa al reparto riviste, ne compra due, una la vorrebbe eliminare, ma alla fine non cede. Sta per andare via, quando la coda dell’occhio si ferma su di un libro. Torna indietro, lo prende, è la figura di copertina ad intrigarla, in fondo è anche uno dei suoi autori preferiti. Lo compra e cerca nella borsa il biglietto, direzione Pechino.

Il libro

Chi dice sia il caso, parola inflazionata per giustificare inconscie suggestioni, per non riuscir a vedere più quello che c’è dietro al sipario. L’importante è ricordarsi che possiamo essere davanti al velluto rosso, ma possiamo anche guardare dietro cosa c’è.

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