Archive for the ‘Dark matter’ Category

blu

Thursday, March 31st, 2011

FIORE DI LOTO BLU


 

Numeri del Museo Nazionale

Thursday, March 31st, 2011

3 – anni prima della riapertura

191.900 metri quadri

49 sale per esibizioni

1.000.000 di pezzi

800 posti nel teatro

300 posti nella sala conferenze

1.33 metri – 883 Kilogrammi – 3.500 anni –  Bronzo

3.000 visitatori massimo al giorno*

2.5 billioni di Yuan – 367 milioni di dollari – costo

 

* tutti dati della Xinhua, per il massimo dei visitatori, ci sono altri siti che sostengono massimo 8.000 visitatori, cosi’ come il gentile nserviente che oggi mi ha rispedito a casa, dicendo che 8.000 biglietti erano finiti la mattina. Si sa che se i cinesi si muovono, si muovono davvero 🙂

La stessa scelta

Wednesday, March 30th, 2011

Mi spiegate perchè se erano tre le mani e le teste, la scelta è stata la stessa? Non solo la scelta è stata la stessa, anche il luogo dove questa è avvenuta: l’aereoporto di Fiumicino, la libreria dell’aereoporto, per essere precisi. Identico era il punto di arrivo dell’ennesimo viaggio, la direzione di volo, solo i tempi differivano. Il momento della scelta era diverso. (Ah, i tre si conosco, bene)

L. si accosta alla libreria dondolando, con passi lenti ma non distaccati. Ha il computer e una sciarpa viola, lana made in China. Supera il bar, dove cede alla tentazione di un cappuccino prima di partire. Lo beve e dondola ancora un po’ avanti e si spinge all’interno, riluttante? No, è così che funziona il suo passo. Nella sua testa ci sono immagini lasciate al Sud, vecchietti e vicoli bianchi. Mentre la luce al neon da fastidio, molto fastidio e abbassa losguardo, anche questo tipico di L. Decide di guardarsi intorno, passa subito al reparto CD e ritrova quello che ha già ascoltato nel corso dei suoi trentun’anni di vita. Gira lo sguardo e la mano va da sè, senza nemmeno pensarci troppo prende un libro, lo soppesa, il retro di copertina non la intriga, ma non lo lascia. Va alla cassa, paga e va al check in per Pechino.

M. non è facile smettere di parlare con la sua famiglia, lo seguono e lo accompagnano. Sono quattro e il tempo pre partenza è frastellato da raccomandazioni, sul viaggio, sulla permanenza, sui saluti alla futura moglie e un pensierino anche per figlio che verrà. M. li lascia fare, risponde quando salgono tutti sulla scala mobile. La libreria è ad un passo ed esige un momento solo per lui. Con abilità li asseconda per un dolce al bar, tortina al cioccolato. Loro ordinano, lui entra nella libreria. Mette gli auricolari, e lascia che un vecchio pezzo dei Fugazi suoni il suo incontro con il libro. Lo prende, indeciso anche lui, ma non lo molla. Sarà la copertina rosso carminio. Paga e raggiunge la sua tortina al cioccolato, ultima, prima del volo per Pechino.

D. Ha fatto una scelta inopportuna, viaggio con i tacchi, bassi ma sempre tacchi. I suoi passi risuonano sul lucido pavimento, alterati dalle voci dei suoi tre accompagnatori, che in fin dei conti sono la sua famiglia. Se ne rende conto sempre di più al momento della partenza, in quanto loro ci sono sempre. Sale sulla scala mobile, famiglia al seguito, passaggio al bar, lei non mangia, c’è ben poco da mangiare per chi vive di riso e mais. Lascia tutti al bar, si guarda intorno e vede tante persone distese, sulle poltrone. Loro non partono, abitano lì in aereoporto, dignitosi senza tetto. Si informa dalla commessa, la quale coferma, si vivono tutti qui, di notte, di giorno non sa bene dove vadano. L’immagine la turba e frettolosamente rimuove lo sguardo dalle coperte che raccolgono quegli uomini. Passa al reparto riviste, ne compra due, una la vorrebbe eliminare, ma alla fine non cede. Sta per andare via, quando la coda dell’occhio si ferma su di un libro. Torna indietro, lo prende, è la figura di copertina ad intrigarla, in fondo è anche uno dei suoi autori preferiti. Lo compra e cerca nella borsa il biglietto, direzione Pechino.

Il libro

Chi dice sia il caso, parola inflazionata per giustificare inconscie suggestioni, per non riuscir a vedere più quello che c’è dietro al sipario. L’importante è ricordarsi che possiamo essere davanti al velluto rosso, ma possiamo anche guardare dietro cosa c’è.

Passione di fine Marzo

Monday, March 28th, 2011

金桔

mandarini cinesi

 

Refrain

Saturday, March 26th, 2011

 

Creativity and innovation always builds on the past

The past always tries to control the creativity that builds on it

Free societies enable the future by limiting the past

Our is less and less a free society

 

free culture

Home Shop

Friday, March 25th, 2011

 

www.homeshopbeijing.org

 

 

 

Tradurre

Friday, March 25th, 2011

Mi ricordo uno dei miei insegnanti dire “Non c’e’ nulla di intraducibile, basta trovare le parole adatte”. C’e’ chi sostiene invece che tradurre e’ tradire, che mai si avra’ una traduzione davvero fedele al testo originario.

Nel processo traduttivo c’e’ controllo e liberta’, bisogna conoscere, leggere l’autore, sapere in che modo usa determinati aggettivi o avverbi. Se i testi potessero parlare sarebbe di gran lunga piu’ semplice, il tono della voce, i sospiri, i silenzi sono espressioni forti. Invece sul testo, no. Ci sono parole, frasi e sintassi. In apparenza fredde ma hai infinite possibilita’ di resa.

Personalmente parto dal controllo, innanzitutto il testo deve essere rinchiuso in alcuni confini, non eccedere, tenere sempre la forma e lo stile dell’autore, e’ lui a scrivere non tu. E questo e’ molto faticoso, non lasciarsi andare, non improvvisare alzate di tono o battute. Lasciar parlare il testo in un’altra lingua. Poi dopo il controllo, esiste almeno per me, il momento di liberta’. In quanto dopo aver compresso e compreso, bisogna dare, far si’ che cio’ che si muove nella propria lingua non sia rigido e asettico. Bisogna far scorrere le parole, giocare il piu’ possibile, senza perdersi. Anche questo non e’ facile, ma e’ la parte piu’ stimolante o irritante a volte.

Quando i cinesi mi parlano della perfezione linguistica della loro lingua divento una iena. Come si puo’ sostenere che una lingua sia migliore rispetto ad un’altra? O solamente che una lingua e’ facile e una lingua difficile. Non so piu’ studio e traduco e piu’ ho rispetto per il meraviglioso mondo dei sinonimi, delle sfumature, delle parafrasi, in ogni lingua.

Come Caratteri Cinesi ci sono anche Paper Republic e China Traducida

 

 

sul set (seconda parte)

Thursday, March 24th, 2011

La scena e’ chiara, accanto a noi ci sono attori professionisti e si prenderanno cura di noi. In tutto in piscina siamo io, L, il mafioso capo attore di Taiwan, gran bel fisico per i suoi 45 o su di li’, un altro capo mafioso, pelato e pieno di tatuaggi veri con uno sguardo acuto, un altro X e un attore giovane giovane, bel sorriso da pubbllicita’, dimenticavo, c’e’ anche la bambola che non parla.

Siamo attorno al barbeque attorno al fuoco, la scena parte, da li’ ci spostiamo in piscina e io mi ritrovo nell’acqua fino alle tette, guardo dietro e vedo che le fanciulle del gruppo non si sono immerse nell’acqua, capisco il perche’ dopo 15 secondi: l’acqua non e’ calda, e’ bollente. Quaranta gradi almeno se non di piu’, mmm, comincio ad essere un po’ in panne. Le fanciulle si immergono anche loro, e comincia l’incubo dell’acqua calda.

Premessa non sono mai stata nelle terme cinesi, da piccola-giovane andavo spesso vicino Roma ma non ricordo un tale caldo, sudore e il cuore che dice, allarme allarme troppo caldo. Penso ce la faro’, tanto dura poco, devo stare tranquilla e uscire al piu’ presto dalla morsa del caldo.

Stiamo tutti nella stessa pozza e anche i cinesi che fanno tanto i gaggi cominciano a dare segni di cedimento, dopo 15 minuti di ammollo a 45 gradi siamo tutti esausti. La prima parte della scena e’ finita, tra schizzi nell’acqua, gente che ride e si diverte, tuffi e mani e braccia che si muovono, mentre il battito cardiaco aumenta e anche il fiatone, la pressione invece scende irrimediabilmente.

Il regista finalmente dice riposo e  ci arrampichiamo tutti sulle rocce finte che dividono la pozza calda e da quella fredda.

Sullo scoglio vedo tutta la troupe indaffarata che continua il suo lavoro, accanto a me il mafioso pelato con i tatuaggi, non sembra aver subito troppo sconvolgimenti dalla temperatura dell’acqua. Il pelato mi guarda, io lo guardo. Io sono stranita, non vedo l’ora che finisca questa sorta di tortura, lui sembra fregarsene e da vero uomo comincia con i complimenti per gli occhi. Io lo ascolto e penso. Ma cazzo, che ci stai provando? Nel bel mezzo della tortura? Tra i 45 e i 50 gradi questo ci prova, non ci credo. E invece si. Mi prende la mano, io imbarazzata e appollaiata sullo scoglio finto senza via di fuga, davanti a me la pozza a 45 gradi accanto a me il pelato mafioso che mi illustra il suo tatuaggio di Spartaco, oddio, spero che rinizi subito la scena.

La scena riprende, altri schizzi, altro fiatone, il pelato mi prende in braccio e mi ributta nell’acqua, ho capito, questo vuol dire divertirsi. Ci fermiamo, questa volta e’ L. che cede. Come me, pressione bassa, giramenti di testa, ti pare che sveniamo in mezzo alla pozza mentre la troupe continua nel suo lavoro? No. Non puo’ accadere. Decido di ripiazzarmi sullo scoglio, comincio a dire parolacce in italiano, con il sorriso sulla bocca, in quanto e’ tutto un po’ ridicolo e assurdo. Il costume gepardato, la sensazione di cedimento, le gambe rosse, quasi lesse. L. si immerge nella pozza fredda, io ci metto i piedi e le mani. Aspetto che il cuore riprenda una pulsazione normale e poi si ricomincia.

Riusciamo a sgusciare tutti fuori dalla pozza, fuori fanno due gradi, ma con l’accappatoio e una giacca sopra non sento freddo, mi giro e vedo solo una persona ancora nell’acqua. L’attore di Taiwan che fa gli addominali sugli scogli mentre il set si prepara alla prossima scena. Ma ti pare? Addominali sugli scogli. Non ho parole. Ma sta bene?

Ci dicono che dobbiamo rientrare nell’acqua, il pelato mi prende di nuovo la mano, stavolta gliela lascio volentieri, ho paura di svenire. L’acqua brucia, e siamo tutti esausti. L’ultima scena, noi con i bicchieri in mano, brindiamo al mafioso capo, squilla il telefono, lui parla al telefono, urla e noi lo guardiamo attoniti.

La ripetiamo due volte ed e’ finita. Solo una bella doccia tiepida e poi asciutta verso la via di casa*.

*sulla via di casa, ho tempo di conoscere il pelato tatuato, si rivela una bella persona, un gran viaggiatore, mesi e mesi in Tibet, Nepal e Yunnan, sono curiosa e lo ascolto, le parole di un quarantenne che non vuole responsabilita’ e ha paura di affrontare se stesso. Spera di ripartire presto, io da parte mia gli auguro, un altro ennesimo buon viaggio.

Benvenuti al mondo

Monday, March 21st, 2011

 

Ieri mi sono presa una centrifuga fresca al sapore d’estate che ancora non c’e’, il mio interlocutore anche, in un ristorante con improbabili colori giallo e verde, tutto in plastica all’ingresso ma con sedili di moquette in stile sovietico, al piano di sopra.

Il mio interlocutore ne sa e non se ne vanta. Cosa che mi fa ancor piu’ apprezzare la discussione, aperta , senza inganni o timori. Ovviamente si parla anche di Cina, della Cina di adesso e di quella passata. Mi intrufolo nella conversazione, chiedendo il perche’ della grande depressione che si avverte avendo contatti diretti con i cinesi. Ho una mia teroia, i cinesi over quaranta sono depressi e sconsolati, i trentenni meno, ma anche loro non cedono alle pressioni familiari e dell’azienda per cui lavorano, per cui o ti compri, casa, macchina e moglie, a no, la moglie non si compra ma si trova e ci fai anche un figlio subito o non sei nessuno. I piu’ giovani, li conosco poco, peccato.

Quindi, la mia toeria e’ che i cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi 20 anni, hanno prodotto depressioni, accentuate dall’esigenza della vita contemporanea (casa, sanita’ ed educazione a costi impressionanti)

Il mio interlocutore mi guarda e sogghigna e mi chiede acuto “Tu ti puoi permettere di comprare una casa?” Io rispondo con fermezza “No”. Nella mia testa ringrazio mia madre che l’ha comprata dopo trent’anni di lavoro. L’interlocutore, riprende e dice “Allora per quale ragione un trentenne cinese dovrebbe riuscire a comprarla?” Questa breve provocazione porge il fianco al suo ragionamento: non ci sono veri problemi pratici, i cinesi stanno meglio di prima, molto molto meglio.

Ricorda che negli anni ottanta erano tutti piu’ magri, la piu’ volte citata immagine della ciotola di riso, cavolo e noccioline. Il mondo cinese e’ cambiato velocemente, lo scombussolamento a fatto si’ che alcune persone non stanno reggendo l’impatto. Probabilmente e’ piu’ intimo e nascosto di quanto possiamo concepire. Sono cambiamenti che hanno alterato lo spazio visivo e vitale delle perosne. Palazzi, strade diverse, materiali scintillanti che compongono i grattacieli, colori eccessivi, macchine nuove tante di ogni forma e colore, televiosione con mille programmi nuovi, pubblicita’, chi compra e vende, cose ovunque, di ogni genere. E’ la totale differenza e la conseguente alienazione con il mondo che calpestano i cinesi di oggi a creare l’insoddisfazione.

Dal mio punto di vista, ondeggio tra la praticita’ estrema dei cinesi e quest’importante riflessione che li rende umani, molto umani.

 

Mi verrebbe da dire: benvenuti al mondo.

 

Caratteri Cinesi

Sunday, March 20th, 2011

 

Caratteri Cinesi nasce dall’esigenza di sentire parlare i cinesi stessi, non solo per noi che abbiamo la possibilita’ di farlo regolarmente, tutti i giorni, ma di fare leggere la loro voce. Dopo mesi di approfondimento del web cinese, la piu’ grande biblioteca di umana, abbiamo selezionato delle persone che pensano, scrivono e comunicano.

www.carattericinesi.china-files.com

Intellettuali, pensatori, scrittori e giornalisti. Avranno pur qualche cosa da dire?

Buona lettura