Pechino cambia.

Oggi ennesimo ritorno dalla periferia.
 
Dopo la serata in una nuova ufficina aperta da poco dal meccanico di un mio amico, birra, chiacchiere, arrosticini e un po’ di panzoni cinesi patiti per le moto e i side-car. Racconti che si perdevano in viaggi in moto di più di 2500 chilometri, da Pechino al Ningxia o al Qinghai, per fare un bel bagno in quel lago blu blu che solo lì c’e’.
Io nel mio piccolo guardavo tutti e assaporavo la situazione in cui già mi ero trovata, a Roma, con amici in grandi chiacchiere nell’officina del mio meccanico panzone, stessi discorsi, stesse moto, stessa passione. Solo che nell’officina cinese mancano le bionde da calendario appese al muro, cosa che ho apprezzato molto. Al posto della tutta tette e culo, caschi degli anni 60, che sembravano più berretti militari.
 
Comunque, oggi mi ritrovo di nuovo in autobus, con un sapore amaro in bocca, con gli occhi che mi si chiudono, e la luce bianca fuori non aiuta per nulla.
 
La mia bella Pechino cambia. Oggi è cambiata. Dalla bella signora, che era una volta si sta tramutando un una hostess da convegno.
 
 
Ai bordi delle strade solo insegne delle Olympics 2008, e piccoli operai con giubetto arancione che piantano fiori ovunque, puliscono, mettono in ordine, come se la Cina fosse ordinata, per quella solita apparenza che DEVE necessariamente caratterizzare i grandi eventi, quell’apparenza che a me da fastidio, che non mi fa riconoscere la città in che mi ha affascianato. 
 
Posso comprendere il bisogno degli alti vertici di tenere tutto sotto controllo, di cercare di evitare ogni minimo disordine che potrebbe scaturire in qualche altra cosa, ma è come costringere qualcuno a cambiare la propria personalità, perchè di questo si tratta.
 
Regole e regolamenti scandiranno la vita di Pechinesi e stranieri per due mesi.
 
Intanto no ai tavoli per le strade. In Cina, come in Italia, d’estate si mangia all’aperto, adesso no, adesso non si potrà più fare o almeno non si potrà fare nei posti centrali, nei posti in cui sguardi di stranieri e giornalisti potrebbero trafugare immagini di una Pechino disordinata, un po’ sporca, viva, di pancia e di cuore. Ma tutto questo non è dato vedere, Pechino si deve trasformare per due mesi in una sorta di Stoccolma, noiosa nella sua pulizia, bella nel suo ordine, che ha me fa venire l’orticaria. 
 
Le strade sono rigorosamente pulite di notte da appositi macchine che spruzzano acqua e altro, cercando di rendere tutto splendido splendente. Agli incroci jeep della polizia controllano il traffico, anche questo rigorosamente organizzato. Da oggi targhe altrene per due mesi, non c’è scampo per le moto, motorini, motorette, non potranno più circolare. Si salvano le biciclette. Menomale.
 
Per il resto comincio a diventare insofferente alle aiuole bel tagliate, ai fiorellini tutti colorati che circondano le strade della città. Guardo con ammirazione e rassegnazione i vecchietti di quartiere che indossano le magliette di Beijing 2008, vedo le macchine sfrecciare con la bandierina della Cina, e mi chiedo se gli sforzi che stanno facendo i grandi vertici di zhongnanhai serviranno a qualcosa. Serviranno a farsì che qualche giornalista scriverà qualcosa di diverso sulla Cina? Ci sarà qualcuno che noterà lo sforzo o la maschera che dir si voglia, o sarà tutto speso inutilmente?  
 
Intanto, doccia, le domande rimangono. Poi diretta al villaggio Olimpico per un altro pomeriggio di lavoro. (Olimpiadi mon amour)
 

2 Responses to “Pechino cambia.”

  1. 旷必野 Says:

    Parole sante… non ne posso più di questa finta perfezione che tanto perfezione non è. Più che altro è l’ansia per le Olimpiadi, che senti addosso a tutti, questa pressione sociale ad essere educato, a esprimere opinioni solo positive, ad esteriorizzare fino al ridicolo il supporto per le Olimpiadi e per la Cina… la tagli col coltello tanto è spessa questa tensione. Basta, non li sopporto più… non vedo l’ora che la piantino e tornino ad essere la solita torma di buzzurri semi-anarchichi che conoscevo, con la maglietta sopra l’ombelico e uno dei pantaloni tirato su fino al ginocchio a evidenziare il calzino corto grigio.

  2. Feili Says:

    …come ti capisco, mi viene l’orticaria anche a me solo a pensarci!Siamo al culmine dell’apparenza, di una citta’ stagnante in una inutile attesa. Quando ho preso l’aereo era proprio questo che vedevo sotto la mia testa.
    Per fortuna lontano dalla citta’ tutto rimane ancora cinese.
    E Guiyang per esempio pullola ancora di banchetti per strada che vendono di tutto, con il calore di una citta’ del sud che resta sveglia la notte a godere del fresco delle serate estive.
    Dopo il Guizhou oggi direzione Hainandao.
    A bientot
    Feili